La caduta delle (5) Stelle e i tanti equivoci nella inaudita rissa tra Grillo e Conte

 

Nel duello rusticano, tra Giuseppe Conte, l’aspirante restauratore, e Beppe Grillo, il padre padrone dei 5 Stelle, ci sono tanti equivoci che non mi sembrano siano emersi in questi giorni di risse. Il più grosso equivoco riguarda Beppe Grillo. Mi pare sia doveroso riconoscere indubbi meriti a Beppe Grillo per aver saputo, con straordinaria e sorprendente abilità, convogliare tutto il malcontento che c’era nell’opinione pubblica, per le malefatte della politica, sul un movimento inventato da lui, spuntato dal nulla, fondato, però - è un particolare di estrema importanza da non dimenticare - solo sulla protesta. Sono stati la rabbia, la collera, l’insofferenza, gli insulti a chi era al potere, i “valori” su cui è nato e cresciuto il movimento 5 Stelle. Bisogna partire da questa verità per abbozzare un’analisi di quello che sta succedendo. Poco più di dieci milioni di persone, nelle elezioni politiche del 2018, non si sono fidati di Di Maio, di Fico, di Toninelli e di tutto quell’esercito di sconosciuti. È un errore affermare questo, perché non è andata così. Gli elettori non si fidavano degli altri, di quelli che avevano governato fino ad allora, per tutte le vergogne di cui si erano resi responsabili. E costretti dall’esasperazione (o dalla disperazione) hanno firmato una cambiale in bianco. Dove c’era scritto: proviamo con questi, non possono fare peggio. Ora, dopo il primo ed il secondo governo con Giuseppe Conte e la partecipazione, un po’ in sordina, nonostante la maggioranza relativa in Parlamento, al governo di Mario Draghi, è arrivato il momento di trovare un leader, un segretario, o come si voglia chiamare, che deve ricostruire e organizzare il movimento perché attualmente è una babilonia. Sembrava potesse essere Giuseppe Conte, ma ora Grillo, al termine di alcuni giorni di reciproci insulti e polemiche, gli dice che “non ha nessuna visione politica né capacità manageriale”. Ma come, dopo due anni di governo, nel periodo peggiore del nostro Paese, scopre che è un incapace? Così facendo non ha offeso Conte, la qualcosa poteva ritenersi pure riduttiva, ha fatto di più, con una frase ha offeso quei milioni di elettori che, come riportano i sondaggi, nonostante tutto, continuano a guardare con speranza, se non proprio con fiducia, ai 5 Stelle. Hanno condiviso le preferenze fatte  dallo stesso Grillo, tra cui, appunto, Giuseppe Conte come presidente del Consiglio di due governi. Ha scelto, e ha fatto, per due anni, governare il Paese a un incapace? Assurdo. Con quella dichiarazione Grillo non solo ha danneggiato i 5 Stelle che, così, vuol dire che non sanno scegliere e governare, nel contempo ha avuto l’abilità di dare ragione a tutti quei partiti, con i giornali e le tv al seguito, che hanno criticato Conte, tutti i giorni, a prescindere, in tutti questi due anni di governo. Un disastro. Peggio Grillo non avrebbe potuto fare per sfregiare i 5 Stelle e aiutare, politicamente, gli avversari. Ma se è vero che Grillo è stato, con Gianroberto Casaleggio, il fondatore dei 5 Stelle, non è detto che sia ora il garante che ha però le sembianze del proprietario che vuole fare tutto quello che gli passa per la testa. E c'è Francesco Maria Del Vigo che, per dare ragione a Grillo, ha trovato, e lo scrive pure su "il Giornale", analogie sconvolgenti, queste: "Un po' come  se un dipendente della Microsoft dopo due anni di stage andasse da Bill Gates e gli dicesse "fatti da parte, la baracca me la prendo io". Ma questo signore che scrive queste cose lo sa cos'è lo stage? E come si fa a paragonare due anni di governo con due anni di stage? Poveretto. E, poi, Conte dipendente di Grillo?  Ma il comico com'è diventato proprietario del Movimento 5 Stelle? Non lo dico solo adesso. Io sono stato l’unico, rimasto sorpreso, e mi sono chiesto a quale titolo lo abbia fatto, quando Beppe Grillo è entrato nella delegazione dei 5 Stelle per le consultazioni con l’allora presidente incaricato Mario Draghi. Appunto: a quale titolo? Ammesso che abbia registrato il logo, il movimento, o il partito, come si vuole chiamare, appartiene agli elettori, non a lui, anche perché senza di loro, senza i loro voti, immagino, ora, disorientati e disgustati, il logo è carta straccia. Un dettaglio che forse è sfuggito a Grillo.

   Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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