Le frequenti e odiose truffe online favorite da leggi demenziali, fatte per (proteggere) i delinquenti

 

Seppure nella versione proletaria (dateci tutti i soldi che avete in casa) anche noi (io e mia moglie), qualche settimana fa siamo stati, per una mezzoretta, possibili prede dei truffatori telefonici, con la scusa di una disgrazia accaduta a nostra figlia. Ci è andata bene: abbiamo sventato, con un po’ di accortezza e tanta paura, lo squallido e turpe tentativo. Immediatamente ho chiamato la polizia postale di Perugia per sapere se, facendo vedere il numero da cui siamo stati chiamati, era possibile sapere subito il proprietario del telefonino e localizzare i delinquenti che, ovviamente, dovevano essere nelle vicinanze della mia abitazione, visto che erano pronti a salire in casa a prendere i soldi. Sì, è possibile, mi ha risposo il poliziotto al telefono, però lei - ha aggiunto - deve prima fare la denuncia e, poi, sappia che noi, di nostra iniziativa, non possiamo fare nulla, ci vuole l’ordine del magistrato che viene dato dopo aver esaminato la sua denuncia. Campa cavallo. Appare tutto assurdo. Se le cose stanno (incredibilmente) in questo modo, ovviamente, non sono andato nemmeno a sporgere denuncia. Leggi fatte così male sembrano concepite e scritte dai delinquenti stessi. Ora si è saputo della vicenda, ormai arcinota, della truffa fatta ad alcuni noti imprenditori con la falsa chiamata del ministro della Difesa, Guido Crosetto, al quale “servivano urgentemente tanti soldi per far liberare dei giornalisti rapiti”. Con l’impegno che gli imprenditori sarebbero stati poi rimborsati dalla Banca d’Italia. Massimo Moratti, l’ex presidente dell’Inter, ci ha creduto ed ha versato 900.000 euro, con due bonifici di 450.000 euro l’uno, su un conto olandese dal quale, immediatamente, la somma è stata trasferita in un conto a Hong Kong. Sembra che ci sia stato un altro imprenditore ad aver pagato. Adesso indagherà la Procura della Repubblica, cercando anche di recuperare, con speranze quasi nulle, anche il bottino. La vicenda presta il fianco ad alcune considerazioni. La prima è che sorprende molto il fatto come tutti questi imprenditori possano facilmente diventare preda di così abili delinquenti. Sorprende anche sapere che tra politici e imprenditori c’è, spesso, un filo diretto, tanto che una richiesta di questo genere, con somme così ingenti, non è in grado di suscitare né sorpresa né incredulità, come se fosse qualcosa di routine. Incredibile. C’è pure da aggiungere che è arrivato il momento di smettere di tutelare l’anonimato. A chi serve? Bisogna invece obbligare, con un’apposita legge, senza aspettare inutilmente che lo facciano i padroni di Facebook, X e Instagram, che quando si fa una telefonata con lo smartphone, o un’altra diavoleria tecnologica del genere, sul display compaia, oltre al numero, anche il nome e il cognome di chi chiama. Così si potrebbe porre un freno anche alle decine di telefonate, per pubblicità d’ogni genere, che arrivano a qualsiasi ora. Qualcuno mi potrebbe obiettare che all’estero, comunque, rimarrebbe l’anonimato; ma già questo aiuterebbe molto a capire: se arriva una telefonata anonima vuol dire che viene dall’estero o comunque da un telefonino con una scheda comprata all’estero. Un’altra cosa, altrettanto necessaria, è che i truffatori, quelle poche volte che, per caso, vengono scoperti, debbano rimanere almeno qualche mese in carcere, altrimenti, cari politici, sono tutte chiacchiere, e come tali, inutili.  

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com –Agenzia Stampa Italia

 

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