Il conflitto disdicevole magistrati-governo che disorienta e sconcerta
Ieri
c’è stato lo sciopero dei magistrati, con un’adesione intorno all’80%, nei
confronti del governo che, con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sta
portando avanti una riforma della giustizia che non convince affatto i
magistrati e che, per loro, si tratta di un clamoroso errore. Un errore,
peraltro, che non li riguarda personalmente e non ne condiziona la carriera,
quindi non intacca i privilegi, come ha impropriamente scritto qualcuno. Si
tratta, piuttosto, di una riforma che potrà incidere negativamente sulla
amministrazione della giustizia dei prossimi anni. Per questo, soprattutto per
questo, hanno il diritto (direi anche il dovere) di dirlo e di farlo capire
all’opinione pubblica, senza avere, per questo, invaso le competenze del
Parlamento. Altra affermazione incongruente, riportata da qualche
giornale. Dopo la sciagurata abolizione
dell’abuso d’ufficio, ora è in discussione la divisione delle carriere: da una
parte quella inquirente (i pm) dall’altra quella giudicante (i giudici). La
principale motivazione dei promotori della riforma è che i magistrati che fanno
le indagini, cioè i pm, appartengono allo stesso Ordine dei giudici, e questi, quando
devono decidere, con le sentenze, sono (sarebbero) pesantemente condizionati dai
pm e pedissequamente accolgono e avallano le loro tesi accusatorie. Così non si
farebbe - aggiungono all’unisono - la “giustizia giusta”. La giustizia se è
tale non può che essere giusta, se non lo è non può essere ingiusta, per la
semplice ragione che non è giustizia. Chiarito l’obbrobrio linguistico, di cui,
peraltro, si fa largo uso, sui giornali e in tv, il condizionamento dei giudici,
da parte dei pm, non è vero, si tratta di un falso macroscopico. A dimostrarlo ci sono centinaia, probabilmente
migliaia, di episodi in cui le sentenze sono del tutto differenti dalle
richieste dei pm. Una mirabile sintesi, dell’abbaglio che sta prendendo la
maggioranza, è in una dichiarazione dell’avvocato Franco Coppi, notissimo principe
del foro, con cinquant’anni di professione: “Non ho mai perso un processo a
causa della comune appartenenza di giudice e pm allo stesso ordine, mentre
aspetto ancora di sapere quali vantaggi porterebbe separarne le carriere”.
Fortunato Vinci - www.lidealiberale.com
- Agenzia Stampa Italia
Commenti
Posta un commento