L'allarme per il record del debito pubblico lascia tutti, irresponsabilmente, indifferenti
La notizia l’ha data la
Banca d’Italia. Dopo che negli ultimi 13 anni, c’è stata una crescita di 76,9
miliardi ogni dodici mesi, a novembre il debito pubblico è arrivato a 3.005,2
miliardi di euro. Oggi è molto di più. Nessuno, né nel governo né nel
Parlamento, ha avuto il tempo di interessarsi della questione. L’hanno presa con
la massima indifferenza, anzi con la massima irresponsabile incoscienza, visto
che quando si è trattato di approvare, a dicembre scorso, la legge di bilancio,
c’è voluta la lodevole e caparbia fermezza del ministro delle Finanze,
Giancarlo Giorgetti per respingere il consueto assalto, con le pressanti richieste
dei tanti parlamentari che cercavano fondi per soddisfare le bramosie delle
varie consorterie che li hanno eletti. Ma chi è che ha prestato tutti questi
soldi, sperando - e pregando - che tutto non vada a finire in default? Su tutti
il popolo dei Btp e Cct con 2.377,7 miliardi di euro, poi, con poco più di 200,5
miliardi la Banca d’Italia e il Tesoro (sic!), segue l’altro popolo dei Bot a
breve (3/6 mesi, 1 anno) 130,3, miliardi, le banche invece di miliardi ne hanno
prestato 113,3, le istituzioni europee (Bce, Bei) 96, altri finanziatori 87,
infine, dai libretti postali, sono arrivati gli altri 37,1 miliardi. “La novità
di questo 2025 - dice Angelo Baglioni, presidente di Ref Ricerche - è che la
Bce che già dal dicembre 2023 non acquistava più titoli, dal primo gennaio ha
interrotto anche il rifinanziamento di quelli in portafoglio per cui l’ombrello
del quantitative easing è definitivamente chiuso, ciò vuol dire
che l’Italia deve cercare sul mercato l’intero fabbisogno, non meno di 400
miliardi l’anno. Per fortuna ha previsto un programma di riserva se lo spread
s’impenna, ma di sicuro è urgente un serio programma, o addirittura un’agenzia
apposita, per l’abbattimento del debito”. Un Paese un pochino responsabile
guarderebbe con una certa preoccupazione alla montagna del debito, il nostro,
invece, pensa a come sprecare risorse, con 18 miliardi per l’opera più costosa
e inutile mai concepita come il ponte sullo stretto di Messina. E poi i partiti,
andando contro quello che è stato, nel 1993, il referendum a favore dell’abrogazione
del finanziamento pubblico ai partiti, approvato con il 90,3%, si sono
inventati il 2 per mille sull’Irpef nella dichiarazione dei redditi. Ma i
cittadini non hanno cambiato idea, continuano ad essere contrarissimi al
finanziamento dei partiti, tanto che solo il 4,89% del totale dei contribuenti
ha scelto il finanziamento. Questa minuscola minoranza, tuttavia, ha consentito,
con la dichiarazione 2024 (redditi 2023), di assegnare circa trenta milioni ai
partiti. Divisi così: 10,2 milioni al Pd, 5,6 milioni a Fratelli d’Italia, terzo
il M5 Stelle che ha preso 2,7 milioni. Poi, intorno al milione, Azione, Europa
Verde, Italia viva, Lega, Sinistra Italiana. L’ultimo partito è Forza Italia con
soli 807 mila euro. Qualcuno di questi partiti ha solo la sede, suppongo in
affitto, stante il rischio incombente di sparire da un momento all’altro. A me
pare grave, indecente e vergognoso, ignorare e farsi beffa di quello che pensa
la stragrande maggioranza dei cittadini. Ma i partiti che cosa fanno, ogni anno,
con tutti questi soldi? Danno conto a qualcuno di come li spendono? Mentre il Paese è pieno di debiti, con il pericolo
del default, loro, imperterriti, scialacquano, senza ritegno, il denaro
pubblico.
Fortunato
Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
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