Volete andare a votare? Un consiglio: non sentite più i politici

 

Si era detto che l’improvviso scioglimento delle Camere, da parte del presidente Mattarella, avrebbe ridotto, e limitato molto, il tempo per la campagna elettorale. Come se questo potesse rappresentare un problema. Abbiamo visto, invece, che la campagna elettorale è già stata troppo lunga. Ha stancato. Per le indecenti modalità dei confronti, l’esame dei problemi, le soluzioni delle questioni più complesse e la montagna di promesse, ha fiaccato le migliori intenzioni degli elettori. Non mi riferisco, ovviamente, a tutti coloro che hanno già deciso, che appartengono allo zoccolo duro e che voteranno per il partito o la coalizione che preferiscono, a prescindere da quello che è avvenuto e che avviene in questi ultimissimi giorni. A loro poco importa, vedere, sentire, analizzare, decidere. Hanno già deciso. Bene.  Ma sono in tanti quelli che devono, ancora, decidere se andare a votare e, semmai, per chi. Chiamiamoli incerti. Tutti costoro sono rimasti sconcertati e perplessi. Cercavano, dai programmi e dagli impegni di ogni singola forza politica, l’ispirazione per scegliere chi votare, cercavano, nell’impegno dei singoli candidati, la persona giusta per farsi rappresentare, più o meno degnamente, in Parlamento. La ricerca è diventata ardua, faticosa, difficile. Non solo per quella incostituzionale legge elettorale (ma gli autorevoli costituzionalisti che abbiamo perché non lo dicono, chiaramente e all’unisono, che è incostituzionale?) che non fa scegliere al “popolo sovrano” come dice, impone, obbliga, la Costituzione all’art.1, ma ai segretari dei partiti che ci hanno imposto i loro discutibilissimi candidati, ma anche per il fatto che la campagna elettorale è degenerata in risse, interminabili polemiche rancorose, con una totale, impressionante, disistima uno dell’altro. La contesa elettorale, descritta dagli stessi candidati, è imbarazzante, perché la scelta da fare sarebbe (è) tra pasticcioni, bugiardi, fascisti, prezzolati, inetti, incapaci. Come si fa a scegliere?  Inducono, questi giudizi, diffusi e generalizzati, alla fuga dalle urne, se non anche dall’Italia. È inevitabile, in questo contesto, che molti dicano “non c’è nessuno che mi rappresenti”. Non voto. Ma sono convinto che, nonostante tutto, è meglio andare a votare che astenersi. Come? Senza farsi condizionare da quel che dicono. Bisogna immaginare, facendo ricorso alla buona volontà e alla fantasia, un Paese normale, una legge elettorale normale, una campagna elettorale normale, un candidato decente. Tappandosi le orecchie per non sentire, in questi ultimi giorni, quel che dicono i candidati. Sperando, poi, al seggio, domenica prossima, turandosi il naso, di azzeccare il meno peggio. 

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com- Agenzia Stampa Italia

Commenti

  1. Sono d’accordo sulle valutazioni del disorientamento dell’elettore non schierato; il diritto/dovere di votare assume un rilievo importante se è il prodotto di una vera e propria convinzione, più o meno analitica e critica e non, come purtroppo sarà, di una dimostrazione di sola protesta, come già si è verificato. Aggiungo che le vane promesse dei partiti di riformare la legge elettorale, dopo la riduzione dei parlamentari, costituiscono purtroppo una ulteriore insensibilità ed immaturità oltre ad una malcelata sostituzione del diritto di scegliere dell’elettore.

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  2. L'editorialista si domanda come si fa a scegliere. Personalmente non ho questo problema perche' sono un elettore dello zoccolo duro. E tuttavia, non appartenessi a questa categoria, in questa mandata elettorale mi sentirei rassicurato da piu' voci underground che mi sono giunte in questi giorni scorsi secondo cui, indipendentemente dai risultati delle votazioni, la Meloni non se la sente di prendere le redini di questa Italia in questo momento (guerra, bollette, legge di bilancio, Pnrr ...). Pare che chiedera' a Draghi di rimanere premier per almeno un altro anno, con lei sottosegretaria alla presidenza e in piu' ministro degli Esteri, cosi da imparare da lui l'arte del governo. Di un governo che sarebbe sempre molto allargato, evidentemente con baricentro piu' a destra, che pero' non affronterebbe, se non costretto, temi divisivi (riforma fiscale, immigrazione, diritti, ...), ma solo le cose per le quali la Meloni pare molto preoccupata. E Mattarella di questa soluzione sembra contento.

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