I due poli (5 Stelle e Azione-Iv) jolly sugli scenari del prossimo governo

 

Il centrodestra, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, più alcuni “cespugli”, secondo i sondaggisti, sarebbe la coalizione che è destinata a vincere le prossime elezioni del 25 settembre. E qualcuno si porta avanti con il lavoro assegnando anche i ministeri. Ma siamo sicuri che finirà veramente così? Ho forti dubbi, che nascono dal fatto che gli stessi sondaggisti dicono anche che ci sarebbe un 38-40 % di italiani che non andrà a votare, e, poi, aggiungono: tra quelli che avrebbero intenzione di recarsi al seggio, un terzo risulta ancor indeciso per chi votare. Ancora più incerti sono i giovani: il 42,7% dei ragazzi, tra i 18 e i 34 anni, ha dichiarato di essere indeciso o di astenersi dal voto alle prossime elezioni. Non sono dettagli. Sono indizi, invece, di estrema importanza, che pesano sulle previsioni, lasciando immaginare alcuni, altri possibili scenari. Vincere significa ottenere più seggi rispetto al principale avversario e, in questo caso, alla coalizione del Pd, che dopo la rottura con i 5 Stelle, si presenta alleato con i partiti di estrema sinistra. E, ora, secondo i sondaggi, molto indietro rispetto al centrodestra. Avere più seggi della coalizione rivale non vuol dire, però, avere anche la certezza che in Parlamento ci sarà una maggioranza solida per sostenere il governo, da subito, e per tutta la legislatura. E, allora, se il centrodestra, che peraltro è ancora fortemente (al di là di quello che appare) tormentato nel conflitto interno relativo alla leadership, pur dopo aver vinto, non dovesse avere la maggioranza alle Camere o sarebbe, questa maggioranza, talmente esigua da non garantire un sostegno adeguato al governo, cosa potrà succedere? La strada maestra sarebbe di rifare le elezioni, dopo aver cambiato, ovviamente, l’attuale legge elettorale, altrimenti sarebbe del tutto inutile. Ma con i tanti problemi che attendono soluzione non credo che il presidente Sergio Mattarella prenderebbe, a cuor leggero, una decisione di questo genere, peraltro del tutto corretta dal punto di vista costituzionale, se in Parlamento non c’è una maggioranza. Se però non si vuole tornare alle urne, ci sono due altre sole ipotesi. Incarico ad un esponente della coalizione più votata per cercare in Parlamento i voti mancanti, oppure - sarebbe l’estrema ratio - rifare una larga maggioranza, o leggermente diversa, come quella che ha sostenuto Mario Draghi negli ultimi mesi, con un altro Mario Draghi. Nel primo caso bisogna trovare l’accordo con uno dei due poli, due autentici jolly, che le previsioni dicono che possano portare in dote circa il 10 %: Azione-Italia viva da una parte e i 5 Stelle dall’altra. Due jolly, seppure completamente diversi. Il centrodestra qualche affinità, qualche cosa in comune per governare assieme, intendo, la può trovare solo con il polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, se arriveranno, come sperano, ad un risultato a due cifre, mentre sembra da escludere, anche se in politica è sempre tutto possibile come abbiamo avuto modo di vedere in questi ultimi anni, che Giuseppe Conte possa allearsi con Meloni, Salvini e Berlusconi. Mi pare che questo possa essere uno scenario verosimile, escludendo che i 5 Stelle (ma per essere decisivi dovrebbero prendere almeno il 20%) possano allearsi di nuovo con il Pd dopo le rotture prima a Roma e, poi, a Palermo.  Mi sembra, quindi, che ci sia ancora molta incertezza sul voto e sulla maggioranza parlamentare che ne verrà fuori. Lo si vede, e lo si capisce, anche dal fatto che quando s’incontrano amici e conoscenti, ti senti chiedere qualche consiglio per chi votare. Lo sapessi! Certo, aiuta poco sentire i leader, scatenati, ma propensi tutti, chi più chi meno, e con spiccate, insospettabili attitudini, a fare l’autogol. Molti anni fa, Indro Montanelli disse che per andare a votare bisognava turarsi il naso, chissà, adesso, cosa avrebbe detto.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia  

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