Caso Toti, la magistratura alla sbarra, gli italiani sconcertati
È
dal 7 maggio scorso, da quando Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria,
è agli arresti domiciliari, indagato per corruzione, falso, voto di scambio e
violazione della legge sul finanziamento dei partiti, insieme con altri 29
persone, coinvolte a vario titolo, che i politici e i giornalisti di
centrodestra sparano a palle incatenate contro i magistrati, specificatamente
contro i pm e i giudici di Genova che hanno proposto e firmato i provvedimenti
restrittivi. Confermati, peraltro, anche dal Tribunale del riesame, con quella
famosa ordinanza “non capita dopo averla letta con grande attenzione” nemmeno
dal ministro della giustizia Carlo Nordio. Toti, come presidente della Regione,
da libero, avrebbe potuto – questa la tesi – reiterare i reati di cui è
accusato, per cui è stato costretto a dare le dimissioni per tornare in libertà.
Una vicenda lunga e complessa tutta da chiarire, ma Toti quando è stato sentito
dai giudici si è valso della facoltà di non rispondere. Non era quella la
migliore occasione, e la sede adatta, per dire qualcosa a sua discolpa? Invece
ha preferito tacere e aspettare per studiare meglio le carte e rispondere,
semmai, in un secondo momento. Atteggiamento del tutto legittimo, naturalmente.
Però questa situazione ha provocato un fuoco di insulti senza limiti, mai visto,
con dichiarazioni pesantissime perché i magistrati della Liguria, indagando e
facendo arrestare Toti, vogliono stravolgere il risultato elettorale, così che “sovvertono”
quello che è stato il voto popolare. Ma cosa vogliono dire? Che gli eletti non
possono essere indagati e arrestati? Toti deve essere considerato innocente perché
così vuole la Costituzione, ma una cosa è consideralo innocente, cosa ben diversa,
e molto più grave, rovesciare per 80 giorni tonnellate di insulti contro i
magistrati. L’ultimo, sabato scorso, giorno delle dimissioni di Toti, è stato
ricordato che Nicola Piacente, il procuratore capo della Repubblica di Genova, è
un magistrato che quando era a Como ha fatto un’inchiesta sulla giunta
comunale, e dopo nove anni la Cassazione ha assolto tutti, e “già allora - si
legge sul giornale - doveva essere cacciato per manifesta incapacità”. Se un
cittadino normale che ha la sventura di essere indagato, non avendo la
possibilità di avere un esercito di politici e di giornalisti, tutti i giorni e
a tutte le ore, schierati a difenderlo, e viene a sapere che chi lo sta
indagando è pure un incapace, fazioso e politicamente schierato, cosa pensa?
Cosa deve fare? Forse ci saranno pure magistrati incapaci e corrotti e questi
andrebbero subito individuati e cacciati dalla magistratura, non mandati in
un’altra sede come avviene spesso, o, come è avvenuto in qualche occasione,
pure promossi; ogni riferimento alla tristissima vicenda di Enzo Tortora, ovviamente,
è fortemente voluta. Ma non possono essere tutti incapaci, e, soprattutto non è
possibile tollerare che, improvvisamente, diventino tali, ogniqualvolta, per
qualsiasi ragione, indagano i politici. I cittadini sono smarriti, sconcertati,
sconfortati da questa situazione di inaudita gravità. Per questo, al contrario
di quello che si sta facendo, bisognerebbe dare ai magistrati inquirenti più mezzi
e più strumenti, per consentire loro di svolgere le indagini in maniera più
approfondita possibile, in modo da indagare e perseguire i soli e veri
colpevoli, limitando gli errori, possibilmente evitandoli del tutto. Il
ministro della giustizia Carlo Nordio, invece, con le sue riforme, va nella direzione
opposta, facendo di tutto per ostacolare, in tanti i modi, le indagini. Un
errore grave e imperdonabile. Per gli onesti, naturalmente.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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