Troppe incertezze, il governo Meloni già in panne
Che
il compito del nuovo governo sarebbe stato difficile e impegnativo era cosa
arcinota, ma si puntava, e soprattutto si sperava, molto sulle capacità di
Giorgia Meloni. Si sapeva anche che l’aiuto che le avrebbero potuto dare i due
alleati, usciti sconfitti dalle elezioni, Lega e Forza Italia, meglio Matteo
Salvini e Silvio Berlusconi, sarebbe stato, nella migliore delle ipotesi, modesto
e minimale. E le previsioni, purtroppo, si sono già puntualmente verificate. Una
cosa è fare l’opposizione, e la campagna elettorale, altra cosa è governare un
Paese come l’Italia con un debito pubblico di enormi proporzioni. Confrontarsi
ogni giorno, anzi, ogni ora, con i problemi e saper trovare adeguate soluzioni
è un compito assai complesso che diventa addirittura impossibile se manca
l’aiuto dei compagni di viaggio. La partenza è stata disastrosa, con quello
scivolone sul rave party che ha prodotto solo infinite polemiche e quasi nessun
risultato pratico. Ma ci sono tanti problemi che non possono essere trascurati,
e che vanno affrontati, e gestiti, con una certa sollecitudine e abilità. Due
su tutti: riguardano l’Economia e la Giustizia.
L’inflazione
si dice che sia all’11,6%, la più alta dei paesi Ue. Ma a me sembra, andando
spesso a far la spesa, che sia di più, però, adesso, con l’impennata pazzesca
dei carburanti, salirà ancora. Dai primi calcoli sembra che le famiglie
italiane, nel 2023, pagheranno 2.672 euro in più. E se le retribuzioni e le
pensioni rimarranno sempre le stesse la questione diventa ingestibile. È chiaro che rimettere nel prezzo dei
carburanti di nuovo le accise, imposte indirette e illegittime come ho già
avuto modo di scrivere, sospese dal governo Draghi, sulle quali si calcola pure
l’Iva, è stata una decisione infelice ed ha innescato, come peraltro era facile
immaginare, questi aumenti. Solo in parte dovuti ai “furbi” come dice Salvini.
E i benzinai, che non si ritengono “furbi”, hanno replicato con uno sciopero,
oggi solo “congelato” dopo l’incontro con il governo.
Altra
questione delicata è quella della Giustizia. Il 30 dicembre 2022 è entrata in
vigore la riforma dell’ex Guardasigilli Marta Cartabia. Il suo curriculum
“mette soggezione” ha scritto oggi un quotidiano. Ed è vero, tanti, e tutti
importantissimi incarichi, tra cui, appunto, ex ministro della Giustizia nel
Governo Draghi, docente in molte Università ed ex giudice della Corte
Costituzionale. Ci può essere di più e di meglio? Certamente no. Eppure la “sua” riforma, naturalmente
approvata dal Parlamento, è un disastro. Tra le altre cose prevede che per
molti reati non si possa procedere se manca la querela di parte. Non solo, la
riforma ha effetto retroattivo e riguarda molti reati gravi, perfino il
sequestro di persona (semplice). Non capire gli effetti devastanti che sicuramente avrebbe
provocato la necessità della querela condicio sine qua per cominciare l’azione
penale, non solo sulle imputazioni future ma anche su quelli in itinere, è di
una gravità inaudita ed è del tutto incomprensibile. Ora c’è l’allarme lanciato
dai magistrati, mobilitati per rintracciare le parti lese, in mezzo mondo, e
vedere se hanno intenzione di sporgere querela, altrimenti deve essere tutto
archiviato. E lo stesso avverrà in futuro. Ma come hanno fatto a non capire,
chi ha scritto e votato la legge, che, molto spesso, diciamo pure nella maggior
parte dei casi, la denuncia non si fa per paura, o si ritira, perché, nel
frattempo, la vittima ha subito minacce? A Palermo tre boss della mafia, ai quali erano
stati contestati i reati di lesioni aggravate dal metodo mafioso e sequestro di
persona, le cui vittime non avevano voluto presentare querela, sarebbero stati
scarcerati, e sono rimasti in carcere sol perché c’erano, contestati, pure i
reati di associazione mafiosa ed estorsione. In Veneto, invece, un ladro d’auto
è tornato subito libero perché la denuncia non è stata presentata dalla vittima
ma dai suoi parenti. Come si può partorire una riforma così disastrosa? Ora si
cercherà di cambiare perché già in questi primi giorni ha provocato allarme
sociale. Dal ministero della Giustizia dicono che c’è tempo due anni per
cambiare. Già, e nel frattempo?
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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