Invece di fare, con l'autonomia, 20 "staterelli" meglio cancellare le Regioni e quel che resta delle Province
Si
dibatte, proprio in queste ore, una delle questioni tra le più importanti, e
molto divisiva, quella dell’autonomia differenziata tra le Regioni. La Lega
vuole che si faccia, prima possibile, comunque entro il 2023, come ripete ogni
giorno Matteo Salvini. Qualcuno, nelle forze di maggioranza, temporeggia. Significa,
secondo il disegno di legge Calderoli, e dell’art. 143 della legge di Bilancio
del 2023, di assegnare maggiori competenze alle singole Regioni, così come
previsto dal Titoli V della Costituzione, dopo la riforma del 2001. “Che è
stato il primo colpo contro il “principio fondamentale” dell’“unità giuridica” -
come ha rilevato Paolo Maddalena, vice
presidente emerito della Corte Costituzionale - attraverso l’abrogazione
dell’art. 115 della Costituzione, il quale prevedeva che le leggi regionali non
potessero essere “in contrasto con l’interesse nazionale e con quelle di altre regioni”.
Così l’interesse nazionale ha cessato di essere l’elemento unificante del
nostro Stato comunità e, al suo posto, è subentrato l’interesse regionale”. I
leghisti vorrebbero il trasferimento di tante, importanti competenze come:
istruzione, sanità, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di
navigazione, ordinamento della comunicazione, produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell’energia, armonizzazione dei bilanci pubblici e
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Tutte materie importanti
che presuppongono una competenza nazionale e, quindi, non sono attribuibili a
singole Regioni. Ciò provocherebbe, tra l’altro, notevoli diseguaglianze tra
Nord e Centro-Sud. Come si capisce facilmente guardando quello che hanno
chiesto le Regioni che hanno fatto, nel 2017, pure un referendum. Il Veneto ha
chiesto di trattenere il 90% del gettito fiscale relativo ai cittadini e alle
imprese italiane che sono residenti o hanno sede in quella Regione, sottraendo
così alle casse dello Stato circa 41 miliardi di euro. Per quel che riguarda la
Lombardia, invece, la perdita per l’erario sarebbe di oltre 100 miliardi.
L’Emilia Romagna, infine, tratterrebbe 43 miliardi di euro. Considerando,
quindi, solo le tre regioni, si registrerebbe una perdita totale di 190
miliardi su 750 miliardi annui di gettito fiscale. Tutte risorse che, attualmente,
servono per ridurre il gap con le Regioni svantaggiate, che hanno minori
introiti. E questo potrà incidere sui livelli essenziali delle prestazioni.
Prima su tutte su quelle sanitarie. In palese contrasto con il principio
dell’eguaglianza di tutti cittadini. Ma le Regioni sono venute meno a quello
che era la principale funzione, quella peraltro auspicata dai padri
costituenti, cioè quella che, avvicinando le istituzioni ai cittadini, ci
sarebbe stata una più semplice e rapida soluzione dei problemi. È successo,
invece, esattamente il contrario. Con la delega di competenze si sono solo moltiplicati
e ingigantiti gli incastri e i sentieri burocratici, con l’aumento delle spese
e la crescita esponenziale dei debiti dello Stato. In Campania, per aprire
un’impresa, ci vogliono 34 autorizzazioni. L’autonomia differenziata,
sicuramente, allargherebbe ancora di più il solco e le sperequazioni tra i
territori. Ma cosa sono diventate le Regioni?
Venti “staterelli”, costosissimi, guidati da politici avidi di potere e di
risorse, con un peso amministrativo insopportabile, che servono solo a
garantire centinai di poltrone da occupare e tante altre da distribuire a parenti
e amici. Una follia tenerle ancora in vita. Sarebbe l’unica riforma che servirebbe
ai cittadini e al Paese, che avrebbe bisogno di avere un’articolazione
funzionale, snella, semplice, meno costosa, questa: “La Repubblica è costituita
da Comuni, Città metropolitane e dallo Stato”. Dovrebbe essere così l’art. 114
(Cost.), niente Regioni e niente Province, dove ci sono le maggiori
incrostazioni politico-affaristiche, con pesanti oneri fiscali. Due soli
esempi. Una delle (poche) competenze delle attuali Province: gestione viabilità
e trasporti. Quasi dappertutto, da Nord a Sud, situazione disastrosa.
Competenza della Regione: Sanità. La locandina di ieri di un giornale: “due
anni per una mammografia”. Qui dire disastrosa è riduttivo. Anche perché la
sanità è stata ridotta in questo stato per favorire, con dolo, i privati. Ed è
un oltraggio alle eccellenti professionalità della classe medica.
Ps. Ecco quello che ha scritto una signora al Corriere della Sera. "Ieri ho cercato di prenotare in diverse strutture lombarde una ecografia importante che dovrebbe essere eseguita entro il prossimo giugno e mi sono sentita rispondere che la prima disponibilità era settembre 2026. Al mio commento "semplicemente vergognoso" l'operatrice ha replicato "Signora abbiamo un solo medico che lavora per il Ssn. Se vuole, privatamente, c'è ampia disponibilità". Sono avvilita". lettera firmata
Fortunato Vinci – www.liedaliberale.com
- Agenzia Stampa Italia
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