Montepaschi, l'antico bancomat della sinistra, chiede altri soldi allo Stato che, però, sistematicamente, e in maniera illegittima, li nega ai pensionati
Un
pozzo senza fondo, anzi uno dei tanti fondi senza fondo che inghiottono
miliardi dello Stato, dall’Alitalia alle banche. L’ultimo pesante, ennesimo
contributo che si chiede allo Stato, cioè ai contribuenti, è per favorire l’acquisto
da parte di Unicredit del Monte dei Paschi. La banca senese, come tutti sanno,
ha rappresentato per moltissimi anni il bancomat della sinistra in
Toscana. Calcio, basket, sagre,
convegni, manifestazioni politiche e tutto quello che passava per la mente dei
politici era finanziato, con generosa irresponsabilità, dal Monte dei Paschi.
Fino al crack. Tanto che nel 2017, dopo vari, molteplici, costosissimi e
inutili interventi, per cercare di evitare il fallimento dell’Istituto più
antico del mondo, con 5,4 miliardi fu di fatto acquistato dallo Stato che è
entrato nell’azionariato con il 64% del capitale che tuttora detiene. Una
partecipazione consentita dagli accordi europei solo a tempo e in via del tutto
eccezionale, tanto che entro il 31 dicembre prossimo il Tesoro dovrà vendere la
sua partecipazione e uscire dall’azionariato. È facile uscire quando le cose vanno
bene un po’ più difficile quando gli indici sono negativi. E la banca senese,
negli stress test della Bce, che si sono fatti solo qualche giorno fa, il 30
luglio scorso, è quella messa peggio in Europa. Unicredit che sa la situazione
vuole sì prendere la banca ma senza crediti deteriorati e senza rischi legali,
insomma solo la parte che può rappresentare business per il neo presidente Pier
Carlo Padoan e il ceo Andrea Orcel, lasciando al Tesoro, cioè ai contribuenti, come
al solito, l’onere di pagare. Cosa che probabilmente dovrà essere fatta subito
con un ulteriore aumento di capitale e poi, come si fa con consolidata consuetudine,
mettendo la parte pesante, zavorrata della banca, che non vuole Unicredit, a
carico dei contribuenti. E nessuno delle mezzecalzette che parla e straparla,
sempre a vanvera, si scandalizza. Si preoccupano solo di perdere potere e
consensi. Un disastro. Questo enorme spreco di risorse, che sarebbe, secondo la
definizione di Mario Draghi “debito cattivo”, continua senza soste, mentre i
pensionati non ricevono, ormai dal 2012, l’adeguamento degli importi
pensionistici. Sono briciole, ma con i prezzi dei beni che salgono, anche
quelli di prima necessità, senza alcuna giustificazione, sarebbero comunque un
aiuto. Migliaia di pensionati hanno fatto ricorso al tribunale di Milano, a
quello di Palermo, hanno invocato l’intervento della Corte Costituzionale, che
più volte, e con più sentenze, ha ribadito che “non è consentito, perché
illegittimo sotto il profilo costituzionale, la reiterazione di misure intese a
paralizzare il meccanismo perequativo”. Niente. Da allora solo un’elemosina,
con un bonus una tantum. Infine, i
pensionati si sono appellati alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo
per il rispetto del diritto acquisito. Respinto con motivazioni inaudite,
sconvolgenti. Eccoli i motivi dello scandalo. I giudici di Strasburgo hanno
respinto il ricorso dei pensionati “per proteggere la tenuta del sistema
sociale per le generazioni future” in un periodo “in cui la situazione
economica italiana era particolarmente difficile”. In secondo luogo la Corte ha
osservato che “gli effetti della riforma del meccanismo di perequazione sulle
pensioni dei ricorrenti (previsto dall’allora decreto “Salva-Italia” del governo
Monti, 2011, ndr) non sono a un livello tale da esporli a delle difficoltà di
sussistenza incompatibili con quanto prescritto dalla convenzione europea dei
diritti umani”. Come dire, i pensionati potrebbero anche avere diritto alla
rivalutazione ma siccome non stanno morendo di fame non è il caso di dar loro
la rivalutazione, meglio pensare alle generazioni future. E si sono dimenticati
di aggiungere, alle banche che falliscono e ad Alitalia. Mi vergogno per loro.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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