La scuola boccheggia, le nuove generazioni senza cultura, i politici (senza cultura anche loro) pensano al potere e agli affari, e danno la colpa al Dad
Allora,
Francesco com’ è andata? Avanzato, nonno. No, non voglio sapere come procede il
lavoro nel cantiere edile della nonna, volevo sapere i voti della tua pagella.
Avanzato, nonno, te l’ho detto. Avanzato in tutte le materie. È questo il
colloquio telefonico, surreale, con mio nipote Francesco, 10 anni, a metà
giugno scorso, al termine dell’anno scolastico della classe quinta della scuola
primaria. Ho scoperto così che non ci sono più i voti, ci sono quattro termini
che rappresentano un giudizio: avanzato, intermedio, base, in via di prima
acquisizione. Per evitare lo scoramento dei lettori, tralascio di riportare le
dichiarazioni che ho trovato su Internet, del dicembre 2020, alla presentazione
di questo nuovo straordinario progetto scolastico, fatte dall’allora ministro dell’Istruzione
Lucia Azzolina e del vice ministro Anna Ascani. Ne basta una per capire tutto
il resto “grande risposta (immagino della politica, ndr) in periodo difficile”. I guai della scuola, che emergono di
tanto in tanto, affondano, come si vede, nella totale incapacità della politica,
che interviene sempre a sproposito e a peggiorare le cose. Il giudizio è meglio
del voto? Può essere, ma se è personalizzato, non se è un giudizio standard, pret-
à - porter. Così mi pare un’idiozia, anche ingannevole, per gli studenti, le
famiglie e la società. Se a questa si
aggiunge la sceneggiata della maturità che si è svolta quest’anno, come ha
raccontato, molto giustamente, stupito, anche per i voti alti assegnati, un
professore di liceo, con una lettera al Corriere
della Sera a cui ha risposto, in maniera imbarazzata e penosa, il
giornalista, si capiscono i disastri che stanno avvenendo nelle scuole
italiane. D’altronde la Tac, impietosa, l’ha fatta l’Invalsi, il sistema di
valutazione dell’apprendimento e delle conoscenze degli studenti italiani, e ha
dato risultati pessimi. Se fossimo in un Paese serio, con i dati allarmanti che
ci ha fornito la ricerca, tutte le forze politiche si sarebbero mobilitate per
individuare le cause e porre rimedio nel più breve tempo possibile, affidando
le soluzioni, però, a uomini di cultura, senza pensare, come capita spesso, a
comitati di portaborse. Invece le nostre mezze calzette non si preoccupano
della scuola, dalla cui qualità e serietà dipendono il futuro delle nuove
generazioni e del Paese, le questioni che li riguardano sono altre: i poteri e gli
affari. Si limitano ad addebitare questi insuccessi al fatto che da più di un
anno, nella stragrande maggioranza delle scuole, ci sia stata la Dad, la
didattica a distanza. Sì, certamente, la Dad ha influito nel peggiorare la
situazione che però era già abbastanza compromessa, come si vede, in maniera
evidente, scorrendo i dati, prima del Covid e della Dad. Infatti nelle medie le
percentuali di studenti che nel 2021 non hanno raggiunto i traguardi sono il
40%, con punte del 50% nel Sud e nelle Isole, ma nel 2018 e 2019 erano al 35%
(del 46% nel Sud e nelle Isole). Le percentuali degli studenti delle superiori
che non hanno raggiunto il livello di accettabilità è stata del 42 % nel 2021, pero
nel 2019 non andava molto meglio, era del 38 %.
L’istruzione ha cominciato a deteriorarsi, come ho avuto già modo di
scrivere in altre occasioni, da quando il ministro dell’Istruzione Giovanni Berlinguer
(1996-2000) nel solco della pessima, consolidata abitudine che induce ogni
ministro a fare una riforma, ha pensato, anche lui, di lasciare il segno, e si
è inventato il preside/dirigente. Qualcuno, subito, fantasticando, dopo aver
sfogliato il Bignami, si è immaginato addirittura manager e l’Istituto
scolastico è improvvisamente diventato azienda. Senza capire che si trattava di
un intollerabile, demenziale declassamento. Gli effetti sono stati immediati e devastanti.
Perché gli improvvisati manager hanno considerato che poiché nell’azienda la
bravura del manager si vede, anche, dalla quantità dei prodotti realizzati,
loro hanno creduto che la loro bravura si potesse e dovesse misurare con il numero
dei promossi. E così è partita la corsa alle promozioni in massa. Un disastro.
E quando si ipotizza che il fallimento possa essere stato provocato proprio dalle
promozioni in massa, qualcuno risponde che in Finlandia, dove non si boccia, ci
sono i migliori studenti del mondo. Accostamento infelice perché si tratta di
due nazioni completamente diverse, con sistemi scolastici completamente differenti,
impossibile da paragonare. E, allora, la colpa la si dà ai docenti per la
“didattica superata”. Come sia possibile che non sappiano più insegnare? Ma
siccome sono l’anello debole della filiera, quelli che accettano tutto senza
protestare, la colpa si può dare tranquillamente a loro. E la politica si
scrolla di dosso le sue pesanti responsabilità. Come sempre.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
Analisi spietata ma oggettivamente realistica: l’elemento sistematicamente assente nel settore pubblico si chiama competenza, misurazione e merito. L’assenza in tutto il comparto pubblico, scuola compresa, riguarda la misurazione de lavoro svolto e dei risultati, non autoreferenziali, conseguiti. Si tratta di togliere “il ruolo” da sostituire non con la precarietà ma con la misurazione dei risultati ottenuti e misurabili, da cui dovrebbero seguire i meriti e le promozioni di carriera. In tale contesto è compresa a maggior ragione Il comparto scuola!!
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