Il menu, indigesto, alle elezioni. Lo scandalo delle pluricandidature. La Boschi dallo Stelvio all'Aspromonte

 

 “La legge elettorale è pessima”; un altro, più ruspante, sostiene che “la legge elettorale fa schifo”. Sono questi i giudizi che sentiamo, nei talk show, dai politici mezzecalzette sull’attuale legge elettorale, detta “rosatellum”, da Ettore Rosato che, cinque anni fa, l’ha concepita, e che tutti l’hanno votata, e che, in un lustro, nessuno l’ha saputo e voluto cambiare. Ora si lamentano (con chi, se l’hanno votata loro?) con atteggiamenti del tutto inaccettabili e inconcepibili. Lo fanno per cercare di giustificare questa indecente corsa alle urne, con coalizioni e accordi macroscopicamente contraddittori, pur di conquistare le poltrone, che, dopo la riforma costituzionale, sono state ridotte a 400 per i deputati e 200 per i senatori. In realtà si tratta di una legge elettorale palesemente incostituzionale, perché invece che al popolo, che dovrebbe essere “sovrano”, come dice, appunto, la Costituzione all’art. 1, affida tutto il potere ai 7/8 segretari dei partiti, che in questi giorni, hanno già deciso quale dovrà essere il prossimo Parlamento. Candidature improponibili, con molti, addirittura, impresentabili, parenti, amici, amici degli amici, fedeli, meglio se fedelissimi, candidati catapultati da un collegio ad un altro da semisconosciuti, peraltro contro il volere dei ras locali, vergognose candidature in quattro, cinque collegi per essere certi di essere eletti. Clamoroso il randagismo elettorale di Maria Elena Boschi, dallo Stelvio all’Aspromonte. Nelle politiche del 2018 la Boschi, ex ministro e sottosegretario alla presidenza del consiglio, per avere la certezza di essere eletta era stata presentata, dall’allora segretario del Pd, Matteo Renzi, in Alto Adige, adesso, con il solito segretario Renzi, ma di Italia viva, la candidatura in Calabria, come capolista alla Camera. Perché, ancora una volta, non in Toscana, la sua regione? Forse perché temono che il padre, Pierluigi Boschi, imputato, poi assolto, nel processo per le “consulenze d’oro” della Banca Etruria, fallita, di cui era il vicepresidente, potrebbe aver lasciato delle scorie nei clienti danneggiati dal crac della banca. Poi, c’è quello che chiamano “diritto di tribuna”. Serve solo per consentire ai politici che si sono inventati un partitino, senza nessuna possibilità di ottenere il quorum, previsto al 3%, di essere comunque sicuramente eletti, presentandoli in un altro partito più grande. Un ulteriore inganno agli elettori, del tutto illegittimo perché non previsto da nessuna legge. Come si vede c’è di tutto nel caravanserraglio della politica, per scoraggiare anche i più tenaci e convinti assertori del voto a tutti i costi. Con i programmi non va meglio. Sono fumosi, fantasiosi ed elettoralistici, un vero e proprio mercato, con le evidenti, inconfondibili caratteristiche, tipiche del voto di scambio. Se tu mi dai il voto ti prometto di darti il reddito (di cittadinanza) a vita, senza fare niente, rispondono dall’altra tribù: dateci il voto e non vi faremo pagare le tasse, né quelle passate né quelle future. E così via, senza ritegno, con tante altre balle. E chi paga? Non ci sono problemi, a mantenere la baracca, con un debito pubblico che, intanto, è salito a 2.700 miliardi di euro, ci pensano sempre i soliti cirenei: i lavoratori dipendenti e i pensionati. Pensate che, attualmente, fino a 65 mila euro di reddito, i professionisti e gli imprenditori individuali, con partite Iva, pagano di Irpef e addizionali, forfettario, solo il 15%, la metà di quello che pagano i dipendenti e i pensionati. E chi ha proposto, e fatto votare, questo indecente privilegio non solo non si vergogna, ma vuole (promette di) portare la soglia a 100 mila euro. Ci sono parole per commentare? E ci fosse qualche giornalista, o presunto tale, a chiedere conto, nelle interminabili trasmissioni televisive, del perché di queste straordinarie, incomprensibili agevolazioni e sapere soprattutto come si pagano. Niente. I cittadini sono sempre più sconcertati, confusi, sbigottiti, indignati di quello che vedono e che sentono. I sondaggisti rilevano che solo il 9% degli italiani ha fiducia nei partiti, in verità a me sembrano anche troppi, mentre il 40% non si recherà alle urne. Dati inquietanti di un Paese a democrazia zoppa, inevitabile, quando a governare ci sono tante, troppe, mezzecalzette.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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