L'assalto ai fondi per la Rinascita e la follia del Ponte sullo Stretto


 E’ assai preoccupante la situazione che si sta delineando sul dopo virus. Qualcuno ha paragonato lo stato attuale al dopoguerra. No, credo che questa sia peggiore. Almeno per due ragioni. La prima perché, allora, uscire dopo quattro anni di guerra, significava uscire da un incubo, fatto di paure, restrizioni, lutti e fame, e già il solo fatto di essere ancora vivi, bastava, da solo, a rendere tutti molto più lieti e disponibili, un po’ tutti a fare, e dare, il massimo per risorgere, ricostruire un Paese che i bombardamenti di una guerra assurda avevano ridotto ad un ammasso di macerie. Nonostante il Paese fosse diviso in due, come aveva dimostrato il referendum sulla forma istituzionale dello Stato tra Repubblica (54,3%) o Monarchia (45,7%), tutti, in quel momento, cominciando dai partiti fino all’ultimo cittadino, hanno capito che non c’erano alternative, bisognava dare il massimo e, con molto senso di responsabilità, intelligenza e lungimiranza è stato fatto. I risultati si sono visti: miracolo economico e benessere diffuso. Esattamente l’opposto di quello che sta succedendo ora. I partiti di maggioranza e di opposizione, dilaniati al loro interno, tra capi e capetti, mezzecalzette e quaquaraquà, stanno dando il peggio. E fare così in questi momenti di eccezionale gravità significa mancare sotto il profilo etico prima ancora che politico. Fare l’assalto, con 8000 emendamenti, ai 55 miliardi di euro del decreto Rinascita, a sostegno del lavoro, economie e famiglie, è la dimostrazione - l’ennesima - di una classe politica non all’altezza della situazione. I cittadini sono smarriti, avviliti, sconcertati più da questi comportamenti irresponsabili che dall’aggressività del coronavirus. C’è poi un secondo motivo per cui credo che la situazione sia ora più ingarbugliata e difficile: la mancanza delle risorse finanziarie. Che non è affatto - come si capisce - un dettaglio. Nel dopoguerra molte risorse, compresi i viveri - ero piccolo ma ricordo ancora le confezioni delle derrate con su scritto “made in USA” - vennero dal Paese che ci aveva sconfitto, gli Stati Uniti d’America, che considerava l’Italia, nonostante la guerra, un Paese amico oltre che strategico sotto il profilo geopolitico. Oggi, invece, dobbiamo fare quasi da soli, vedremo quanto e come si riuscirà a coinvolgere gli altri Paesi dell’Unione Europea con la Bce. Ci sono varie opzioni dal, contestatissimo Mes, al Next generation, proposto dal presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, al Recovery fund agli eurobond. Ricordando a quelli che ancora non lo hanno capito che i fondi europei saranno comunque prestiti (e solo in parte a fondo perduto) concessi, comunque, solo per investimenti e per progetti condivisi e verificati. E, in passato, sull’utilizzo dei fondi europei non abbiamo brillato e, per mancanza di progetti - per colpe nostre, dunque, non dell’Ue - molte risorse, inutilizzate, sono tornate a Bruxelles. Sempre a beneficio dei soliti che criticano (sempre e a prescindere) il presidente Conte in queste laboriose trattative, la forza contrattuale tra chi ha bisogno di soldi e chi li può dare, la parte del leone l’ha sempre fatta chi ha le risorse, non il contrario, quindi battere i pugni o minacciare, come suggerisce qualcuno, è un atteggiamento non solo improponibile soprattutto deleterio. Fondi, quindi, che dovranno essere impiegati con serietà e lungimiranza. Virtù di cui non abbonda la nostra classe politica.  L’ultima idea, come sempre geniale, arrivata da Matteo Renzi ha fatto tornare a galla lo sciagurato progetto per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Una classe politica normale avrebbe ignorato quello che pensa Renzi, per tantissime ragioni, invece no. Dopo il presidente del Consiglio Conte che ha detto di “valutarla senza pregiudizi”, è intervenuta, a Radio Anch’io, il ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Paola De Micheli. Che ha dichiarato: “Prima deve esserci una discussione dentro la maggioranza e una discussione con i territori sulla valutazione dell’impatto di quest’opera e con l’arrivo delle risorse del Recovery fund secondo me possiamo immaginare una fase di studi e di progettazione.  Ovviamente il ponte è un’opera che se dovesse essere fatta, andrebbe fatta nel mare e quindi dobbiamo avere anche, in coerenza con le ragioni per le quali è nato questo governo, e quindi la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale, un occhio molto attento a un’opera che non può essere impattante sul mare”. Da strapparsi i capelli. Non so come immagina, il nostro Ministro delle Infrastrutture, si costruisca un ponte, in genere non si fa nel mare semmai sopra il mare. Inoltre il ministro, che auspica discussioni e studi, non sa che sul progetto si studia e si spende da sessant’anni, con già 350 milioni di euro bruciati con la società Stretto di Messina, del 1981. E con tutti quei soldi già spesi chissà quanti studi e progetti potrebbe trovare nei cassetti al Ministero. Ma perché si vorrebbe fare quest’opera? Tralasciando l’impatto ambientale e paesaggistico, e i dubbi per la “zona 1 a pericolosità sismica molto alta” con una spesa di circa 4 miliardi avremmo - questo dice il progetto - cose straordinarie, di più, sconvolgenti: “6.000 veicoli l’ora e il transito di 200 treni al giorno. Con un tempo di percorrenza 1-1,5 ora per gli automezzi e 2 ore per i treni”. Sono costretto a raccontare la mia esperienza, per far capire, a chi non è mai stato sullo Stretto, qual è la situazione. Tanti anni fa, ho viaggiato, con tanti miei amici e colleghi, quasi ogni giorno e per due anni, per frequentare l’Università di Messina, da Limbadi, un paesino in provincia di Catanzaro (oggi Vibo Valentia) fino a Messina, prendendo l’accelerato, il treno che dalla stazione di Nicotera mi portava (a passo d’uomo) fino a Villa San Giovanni, poi con una delle navi, che allora erano solo delle Ferrovie dello Stato, arrivavo a Messina quasi sempre in orario per seguire le lezioni all’Università. Tempo complessivo, circa due ore. Oggi per attraversare lo stretto ci sono anche le navi di compagnie private e il tempo, con il cronometro in mano, è di 25 minuti, massimo. Ci vogliono 10 minuti in più per i treni che, per l’imbarco, devono fare alcune manovre. C’è una lunga attesa per l’imbarco? Sì, può capitare, ma solo per brevissimi periodi e solo d’estate. Ma sul ponte potranno passare 6.000 veicoli l’ora. Ma dove le hanno viste così tanti veicoli? E’ la fantasia al galoppo. Non le ho mai contate, ma mi sembra un’esagerazione. Ho percorso l’autostrada Roma-Napoli- Villa San Giovanni- Reggio Calabria il 4 giugno scorso, ad essere ottimisti a contarli in un’ora saranno passati 200 autoveicoli, ammesso che tutti fossero diretti in Sicilia. E poi i treni: addirittura duecento. Qui si tratta, tenendo conto delle condizioni delle ferrovie siciliane, addirittura di forti allucinazioni. Esigenze immaginarie per giustificare l’investimento per un’opera che come ho fatto vedere sopra invece di accorciare fa allungare i tempi di attraversamento dello Stretto. Servono sì ma sono altri gli investimenti nelle infrastrutture e per l’alta velocità che andrebbero fatte sia in Calabria che in Sicilia. Da qualche giorno arrivano a Reggio Calabria, da Torino-Roma, sia la Frecciarossa che Italo, benissimo, ma treni veloci su binari e infrastrutture che non consentono l’alta velocità è il solito modo per ingannare il popolo bue, che prima o poi potrebbe anche perdere la pazienza. Le linee ferroviarie della Sicilia, come già detto (e le autostrade come il viadotto sulla Palermo Catania i cui lavori sono fermi da 5 anni) sono anche peggio. Questi sono i problemi da risolvere e gli investimenti da fare che hanno un senso e un’utilità. C’è, però, ancora in piedi, la controversia giudiziaria con il consorzio Eurolink, guidato dall’italiana Impregilo, la società che si era aggiudicata il progetto del ponte sullo Stretto, bloccato dal governo di Mario Monti nel 2012, e che ha poi chiesto 700 milioni di euro, più rivalutazione e interessi, per la mancata realizzazione dell’opera. Con questa società, visti i tanti lavori da fare, si potrebbe trovare un modo per arrivare ad una transazione. Per tutte le opere, la decisione finale arriva dopo l’indispensabile confronto tra costi e benefici. In questo caso ci sono solo costi, mancano del tutto i benefici, per i cittadini intendo, forse ci potranno essere, ma per le mafie, di qua e di là dello Stretto.



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Commenti

  1. Scusami tanto, solo ora ho letto il tuo messaggio! Condivido il tuo pensiero. Complimenti, sei molto bravo . Il tuo operato è degno di lode. Un affettuoso saluto a te e ai tuoi cari. Felice domenica!

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