La riduzione dell'Iva preoccupa i partiti, perché porta consensi a Conte


Finito il giro di consultazioni con i cosiddetti Stati generali, cioè con i rappresentanti di tutte le categorie, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha lanciato l’intenzione di ridurre l’Iva. L’imposta sul valore aggiunto, uno dei tributi più odiosi ed ingiusti che colpisce tutti i beni, da quelli di prima necessità (pane, pasta, frutta) a quelli di lusso, con aliquote dal 4 al 22 per cento. Per il fisco è un lusso anche la Comunione, le ostie, quelle dell’Eucaristia, hanno un’aliquota del 22 per cento, come fossero pezzi della Ferrari. Ridurre l’Iva porta a ridurre la pressione fiscale, giunta ormai ad un livello intollerabile, ma significa, soprattutto, come effetto immediato, una diminuzione dei prezzi di beni e servizi, con un conseguente incremento dei consumi. Auspicato, peraltro, un po’ da tutti ormai da anni. E, invece, no, non va bene. “Molto costosa” si è subito precipitato a replicare il ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri. Più severo il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: “Serve una visione complessiva e non imposta per imposta”. Come se spettasse a lui prendere questo genere di decisioni. Conte, preso atto che critiche sono arrivate anche dal Pd e da Iv, è stato costretto a precisare che si tratterebbe, comunque, di una riduzione temporanea. E, allora, c’è da chiedersi: non essendoci gravi controindicazioni, perché i partiti osteggiano l’idea di Conte? Semplice: perché è di Conte. Gli ultimi sondaggi danno un consenso per il presidente del Consiglio intorno al 61%. E ai partiti questo non solo non va bene, preoccupa pure molto perché se a Conte viene attribuito anche il merito personale della diminuzione dell’Iva, non può che avere altri consensi che lo possano indurre a fare anche un partito (consensi dall’11 al 14 per cento) ciò che sarebbe un violento terremoto sugli equilibri politici, peraltro già abbastanza instabili. Il 61 per cento è una percentuale altissima, considerando che il premier viene da una guerra non solo contro il Covid-19, ma, soprattutto, contro un’opposizione irresponsabile, ostile e feroce, che peraltro dispone di un plotone d’esecuzione, rappresentato da almeno quattro quotidiani, ed altrettante trasmissioni, che da mattina a sera, sistematicamente, a prescindere, lo trattano come un poveretto, occupante abusivo di Palazzo Chigi.  Lo riempiono d’ insulti, calunnie, diffamazioni, incolpandolo di tutto quello che accade nel mondo. L’ultima idiozia che ho sentito è che aveva sbagliato anche il nome dato agli Stati generali, che, invece, avrebbe dovuto chiamarli “Stati sergenti” perché - questa la geniale spiegazione - solo i sergenti sanno le esigenze della truppa. Non ho nessuna particolare simpatia per Conte, che ha fatto, è inutile nasconderlo, anche alcuni errori, ma in questi disastri provocati dalla pandemia era onestamente difficile, forse impossibile, non commettere errori, e fare meglio. E gli italiani, come dimostrano i sondaggi, evidentemente, hanno fatto questa semplice, saggia, responsabile riflessione: ha fatto quello che ha potuto.         

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