Pier Silvio Berlusconi, la voce del padrone di Forza Italia, l'anomalia italiana
“Lo
ius scholae non è una priorità del Paese e FI ha bisogno di volti nuovi” così
Pier Silvio Berlusconi – scrive il Corriere
della Sera – agita Forza Italia. Non è esattamente così, Pier Silvio non
solo agita, fa qualcosa di più e di diverso: ricorda a tutti, cominciando dal
segretario e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che Forza Italia è sua e
della sua famiglia, e a comandare sono loro. È il tipico, anomalo e
incostituzionale esempio del partito padronale, dove a dirigere sono i
proprietari privati, i quali lo hanno ereditato dal padre, Silvio Berlusconi.
La famiglia, con la proprietà, ha ereditato anche le decine di milioni di
debiti del partito e dunque sono loro a garantire per il debito e finanziarlo
anche con 700 mila euro l’anno. Lo si è visto subito che le cose stanno proprio
così, quando Tajani, nonostante siano anni che considera una priorità e un’urgenza
lo ius scholae (una strada per acquisire la cittadinanza italiana frequentando
la scuola) è stato subito costretto a dire che è “in perfetta sintonia” con
Berlusconi e che “la legge (ius scholae) in questione non è stata mai una
priorità”. È evidente che non è così, ma non poteva dire diversamente. Tajani
sa bene di essere, nel partito, un inquilino, seppure di lusso, ma un
inquilino, nominato da Silvio Berlusconi e, finora, andato bene anche agli
eredi perché è stato disciplinato e ubbidiente, anche se qualche mugugno
serpeggia per la gestione del partito e, comunque, a prescindere di come vadano
le cose, in qualsiasi momento può essere invitato a lasciare l’incarico. Così
come può succedere a tutti gli altri. Come ha detto, ieri, Pier Silvio, che ha
approfittato dell’occasione della presentazione del palinsesto di Mediaset per
mandare importanti messaggi politici. Elogiando Tajani, Dalla Chiesa, Gasparri,
ma aggiungendo subito dopo che “servono volti nuovi e una nuova spinta”. E il
primo volto nuovo potrebbe essere proprio il suo, quello di Pier Silvio, che
ora ha 56 anni e il padre ne aveva 58 quando entrò in politica, e allora perché
non provarci, fra due anni, alla stessa età del genitore? Tutto il cocuzzaro azzurro
ne prenda diligentemente nota.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
Dicono che la trasformazione dei partiti tradizionali in partiti padronali/personali portera’ alla morte della democrazia. E dicono anche che i partiti padronali/personali non sarebbero neanche il vero problema se non fossero accompagnati dal pervasivo e inestricabile ‘populismo’ di cui sono intrisi, cioe’ di quella strategia di costruire il consenso che fa leva sulla superficiale inessenza, quando non aperta ignoranza delle masse popolari. In ogni caso, le masse non sanno che farsene della democrazia, dei suoi valori e delle liberta’ che custodisce: della liberta’ di parola se non hanno niente da dire, di stampa se non leggono, di associazione se non sanno che vuol dire. Di piu’: le masse ormai diffidano della democrazia – e su questo le classi dirigenti si interroghino! – delle sue insopportabili lungaggini decisionali, dell’estenuante inconcludenza, della diffusa corruzione. Alla democrazia e al suo degrado preferiscono sempre piu’ l’uomo forte a cui dare in mano il loro destino e quello del Paese. L’uomo carismatico che le seduce con le parole melliflue e false, che le blandisce e le lusinga, che le rassicura (dopo aver fomentato paure e insicurezza), che promette mari e monti a cui scelgono di credere, se non altro per la pigrizia di porsi domande.
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