Le ragnatele burocratiche, presupposto per la corruzione
Sono
irritanti e indisponenti tutti quei politici che vanno ogni sera in tv e, nei
talk show, dicono che bisogna cambiare la burocrazia. E, aggiungono, con la
faccia tosta che è a loro congeniale, che la burocrazia rovina la vita dei
cittadini. Purtroppo è vero, è proprio così; ma a chi lo dicono? A noi telespettatori,
che non contiamo e non decidiamo nulla. E non capita mai che un conduttore, men
che meno una conduttrice, abbia il coraggio di fare questa semplice domanda:
lei, onorevole, che è molto indignato, quanti disegni di legge ha presentato
alla Camera per ridurre la burocrazia? Lei, senatore, che si dice sdegnato, quanti
disegni di legge ha presentato a palazzo Madama per ridurre la burocrazia? Mai
domande del genere. E così il nostro
Paese (se non è al primo posto è certamente tra i primi) è disseminato di
procedure labirintiche per rendere ogni licenza, ogni permesso, ogni
concessione, ogni autorizzazione, un lungo, interminabile percorso irto di
ostacoli, in pratica un calvario. Non so, ovviamente, come finirà l’indagine
della magistratura al Comune di Milano, così come non so come finiranno le
tante altre inchieste aperte a Pesaro, Emilia-Romagna, Torino, Calabria, Puglia,
Sicilia. Il Corriere della Sera sta
riempendo intere pagine per raccontare i rapporti, più o meno leciti, spesso impregnati
di innegabili conflitti di interesse, che emergono, chiari e lampanti, da
queste prime notizie. Poi si vedrà se sono stati commessi anche reati. Intanto
emergono, piuttosto evidenti, le vessazioni cui sono sottoposti i semplici cittadini
per avere il placet dei vari uffici e commissioni. Naturalmente come Milano è, più
o meno, un po’ tutta l’Italia. A nessuno viene mai in mente di cambiare, di snellire
e semplificare le procedure. Ma anche fare chiarezza e ben definire i rapporti che
devono esserci tra ente e cittadino. Se sono stati presentati tutti i documenti
previsti dalla normativa, il cittadino ha acquisito il diritto ad ottenere
quanto richiesto e non deve più dipendere e sottostare alla decisione del
sindaco, della commissione, dell’assessore, del direttore o di chiunque altro. Non
solo, se questo parere, di cui ha acquisito il diritto, non viene rilasciato
entro trenta giorni, l’ente deve risarcire il cittadino per i giorni di
ritardo. Fare questo sarebbe qualcosa di rivoluzionario, ma non ci pensa, non
lo può e non lo vuole fare nessuno, perché significherebbe ridimensionare
notevolmente il potere dei politici, significherebbe eliminare, quasi del
tutto, i presupposti che portano ai loschi affari e alla corruzione.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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