Ma che lavoro ha fatto Carlo Nordio, ministro della Giustizia?

 

Possibili tutti i lavori - verrebbe da dire di primo acchito - meno che il magistrato. E invece no, ha fatto proprio il magistrato, e per 40 anni, procuratore aggiunto a Venezia. È la seconda volta che mi pongo – come, immagino, possano averlo fatto tanti altri – questa domanda. La prima volta – stentando a credere – quando Carlo Nordio, ministro della Giustizia e per decine di anni, appunto, in magistratura, e pure come procuratore, disse che i pm agiscono senza controlli. Ci fu, allora, una immediata replica e clamorosa smentita da parte dell’ANM, l’Associazione Nazionale Magistrati. Alla quale non mi risultata abbia detto, quantomeno, di essersi espresso male. No, in questi giorni una replica altrettanto infelice e clamorosa. A proposito dell’attuale indagine aperta dalla procura di Milano su 74 persone per una serie di reati piuttosto gravi, finora, ovviamente, solo ipotizzati dalla magistratura inquirente, su politici (tra cui il sindaco Giuseppe Sala) imprenditori e consulenti, con conflitti di interessi e sontuose parcelle, il ministro Nordio ha pensato bene di dire la sua: “Senza la mia riforma sarebbero già tutti dentro”.  Si riferisce al fatto che con la riforma voluta appunto da Nordio, prima di chiedere l’arresto, i pm hanno ora l’obbligo di interrogare gli indagati. Sembrerebbe, come dicono sempre in questi casi, soprattutto i politici, una questione di civiltà giuridica. Apparentemente è così. Gli arresti sono previsti per almeno una delle tre ragioni: il pericolo di fuga, l’inquinamento delle prove o la reiterazione del reato. Adesso, dal particolare andando al generale, è naturale che un indagato libero abbia la tentazione, e anche la possibilità, di mettere qualche tassello per sminuire le responsabilità (s’intende, se ci sono e sa di essere colpevole), nascondere o distruggere qualche documento o inquinare in qualche modo le prove, è facile ed è del tutto normale che venga fatto. Ecco, gli arresti, semmai, servivano a questo. Ad evitare, nella migliore delle ipotesi, appunto, l’inquinamento delle prove. E sorprende che Nordio non lo abbia capito, così da vantarsi ora del fatto che non ci sia più l’arresto e si dà all’indagato (sempre che sia colpevole) la possibilità di inquinare le prove e intralciare l’accertamento della verità dei fatti e, in ultima analisi, fare giustizia. Il pm e l’indagato non sono sullo stesso piano. Quando il magistrato si comporta con serietà e professionalità, cosa che purtroppo, non sempre avviene, lo fa nel nome del popolo italiano, per accertare la verità e fare giustizia, all’indagato, invece, (ripeto: sempre che sia colpevole) non interessa la giustizia, fa di tutto, nel suo esclusivo interesse, per risultare innocente anche se è colpevole. Mi pare che ci siano differenze piuttosto evidenti. Semmai, servirebbe dare più elementi ai pm per accertare subito la verità e decidere sulle indagini e ai giudici per decidere con le sentenze, ma Nordio pensa, invece, sia il caso di fare esattamente il contrario. Dando l’impressione - e forse qualcosa in più di un’impressione - che voglia favorire i colpevoli piuttosto che garantire, nell’interesse generale, la giustizia. Che è - pare un semplice dettaglio - il suo compito principale. L’ultima chicca di Nordio, straordinaria anche questa, è di queste ultime ore. Sul famoso processo a Matteo Salvini a Palermo per “Open Arms”, in cui l’allora ministro dell’Interno, in primo grado, è stato assolto perché il fatto non sussiste, la procura ha proposto appello direttamente in Cassazione. Credo sia stata una decisione inopportuna, ma assolutamente corretta, ed il ministro Nordio non si è lasciato sfuggire l’occasione per dire la sua:” Nei Paesi civili questo non succede, rimedieremo”. Al di là del merito, i procuratori di Palermo hanno seguito rigorosamente le procedure previste dalla legge. Ed è quello che succede, appunto, nei Paesi civili, ministro Nordio. Infine, la sorpresa e l'indignazione del ministro per essere stato criticato, per il caso Almasri, da un magistrato. Ma gli errori di un ministro della Giustizia chi, secondo Nordio, li dovrebbe rilevare? Un falegname, un idraulico o un elettricista, se non un magistrato? Peraltro di notevole qualità ed esperienza come Raffaele Piccirillo, sostituto procuratore generale in Cassazione. Prenda nota Giorgia Meloni: in via Arenula,70 c'è un disastro.       

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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