L'agonia di un Referendum e dei (circa) 400 milioni di euro sprecati. Due schiaffi alla politica

 

L’agonia è cominciata quasi subito, quando sono cominciati ad arrivare i risultati dell’affluenza alle urne degli elettori per decidere sui 5 quesiti proposti dal Referendum sulla Giustizia.  Il Tg 2 delle 13 dava un’affluenza, nei 7.903 comuni in cui si votava, poco superiore al 6% mentre l’Ansa, nel primo pomeriggio, precisava che alle ore 12 aveva votato il 6,8% degli aventi diritto, con l’eccezione della Sardegna dove, invece, era andato a votare solo il 5%. Alle 23, alla chiusura delle urne, meno del 20%. Una sconfitta pesante, l’ennesima, di questi politici mezzecalzette. Adesso, a leggere i giornali, si rimane quantomeno perplessi. Titoli che non rispecchiano quello che è successo e che, peraltro, era facile prevedere che potesse succedere. Alla vigilia, invitando a votare, avevo rilevato con l’articolo “Tra gli astrusi dilemmi dei quesiti referendari sulla Giustizia” le difficoltà nell’articolazione dei quesiti referendari, seppure il Referendum sia un mezzo di democrazia previsto dalla Costituzione. Dunque, che fosse difficile raggiungere il quorum, (50% più un elettore) era scontato, ma penso che coloro che questo Referendum sulla Giustizia lo hanno ideato e proposto, pensavano a qualcosa di più dello striminzito (circa) 20%, altrimenti non ci avrebbero fatto spendere, inutilmente, soprattutto, adesso, con questi chiari di luna, 400 milioni di euro. Immagino, saranno rimasti profondamente delusi, perché nettamente bocciati, gli esponenti del Partito Radicale e della Lega (Matteo Salvini in testa) con i nove consigli regionali, a maggioranza centrodestra (Lombardia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Liguria, Sicilia, Umbria, Veneto e Piemonte) che questo Referendum lo hanno formalmente richiesto alla Corte Costituzionale. Ma non ha perso la democrazia, come sostiene qualche sprovveduto, è, invece, l’ennesima manifesta, ormai insopportabile, incapacità della classe politica. Sono i parlamentari che hanno perso, e che quando non sono in grado di prendere le decisioni, in pratica di governare, pensano di risolvere il problema rivolgendosi al “popolo sovrano”. E il “popolo sovrano”, molto più serio e maturo di quanto si possa pensare, risponde che le questioni squisitamente giuridiche di una certa complessità, anche per le conseguenze che ne derivano, non possono, e devono, essere decise da un banale, semplice sì o con un no. Le risposte andrebbero articolate. Ed è il Parlamento che se ne deve occupare. Se ne è capace; questo è il problema. La questione è sempre la stessa, la totale incapacità, manifesta, macroscopica, come quello che è successo a Palermo. Con decine di seggi chiusi fino a mezzogiorno, per la “improvvisa” rinuncia dei presidenti di seggio che hanno preferito il “Renzo Barbera” al seggio elettorale.  Improvvisa, come al solito, è per i politici che cadono sempre dal pero. La notizia che ci sarebbe stato il ritorno della partita dei playoff con la (probabile) promozione della squadra rosanero in serie B, era nota da almeno quindici giorni, non si poteva spostare la data della gara invece di farla giocare in concomitanza con il Referendum e con le altre elezioni? I bambini dell’asilo lo avrebbero certamente capito.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia   

Commenti

  1. I 400 milioni di spese dovrebbero essere addebitati ai partiti propositori! Un diavolone

    RispondiElimina

Posta un commento