Tra gli astrusi dilemmi dei quesiti referendari sulla Giustizia
In un Paese come il
nostro in cui, si dice, che un ragazzo su cinque non sia in grado di capire un
testo e al concorso in magistratura, che si sta svolgendo in questi giorni, su
3.797 candidati, tutti ovviamente laureati in giurisprudenza e avvocati, solo
220 (il 5,7%) sono stati in grado di superare le prove scritte, perché la stragrande
maggioranza ha mostrato diffusa e sostanziale impreparazione con marchiani
“errori di diritto e di grammatica”, ebbene, in un contesto così desolante,
sotto il profilo culturale, i Radicali e la Lega hanno avuto la geniale idea di
proporre un referendum popolare sulla Giustizia, con 5 quesiti, arzigogolati e
astrusi, di non facile comprensione. La data, come si sa, è il 12 giugno
prossimo, nello stesso giorno in cui, in alcune città, ci saranno pure le
votazioni amministrative. Naturalmente c’è il rischio, peraltro altissimo, che
non si raggiunga il quorum necessario: l’affluenza alle urne deve essere di
almeno il 50% più 1 degli aventi diritto. È vero che il referendum abrogativo è
previsto dalla Costituzione, ma andrebbe fatto su questioni che sia possibile
semplificare, nell’articolazione dei quesiti, per dare a tutti la possibilità
di andare al seggio, consapevoli di quello che vanno a votare. Ammesso che,
poi, del voto popolare, di cui si fa gran parlare (al vento), il Parlamento ne
tenga conto, cosa tutt’altro che scontata, visti i precedenti. Tuttavia il voto
è sicuramente meglio dell’assenteismo, almeno consente di mandare un messaggio
alle forze politiche su quello che voglio (vorrebbero) gli elettori. Allora proviamo
ad avventurarci nella selva oscura, con qualche considerazione, ricordando che
si tratta di referendum abrogativo e quindi con il Sì si vuole la cancellazione
di una legge o di una norma e con il No si boccia il quesito, e che i cinque
quesiti sono in cinque schede, ognuna di colore diverso. Con il primo quesito (scheda
rossa) si chiede se si vuole abolire la “legge Severino”, quella che prevede l’incandidabilità
e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo per chi è stato
condannato per delitti non colposi. La legge, che porta il nome dell’ex
ministro della giustizia, mi pare sia perfettamente in sintonia con l’art. 54
della Costituzione che ricorda che “ai cittadini cui vengono affidate funzioni
pubbliche hanno il dovere di adempirle con disciplina ed onore”. Se uno prima
ha fatto il “mariuolo” è assai probabile che potrebbero continuare a farlo. Il
lupo cambia il pelo ma non il vizio. Ma, poi, con tanti milioni di italiani,
perché andare a scegliere quelli che hanno già commesso dei reati e condannati?
Mi pare, quindi, che sia opportuno votare per mantenere la legge, cioè No. Il
secondo quesito (scheda arancione) riguarda la limitazione della carcerazione
preventiva. Già oggi la carcerazione preventiva è prevista quando si presume
che l’indagato, libero, possa inquinare le prove, possa darsi alla fuga o
reiteri il crimine per cui è indagato. Detto così non ci sono contestazione da
dare. Il problema nasce, come in passato è già successo molte volte, quando la
misura cautelare, in carcere o ai domiciliari, sia stata richiesta, e accolta
dal giudice, senza che fosse veramente necessaria. E’ meglio toglierla del
tutto o limitarla ai reati più gravi? Forse è meglio se si lascia così com’è
ora, quindi un altro No. Il terzo quesito (scheda gialla) riguarda la separazione
delle carriere. Ora un magistrato, seppure per sole quattro volte, può passare
dalla funzione inquirente (Pubblico ministero) a quella giudicante (giudice).
Questo rappresenta, per i presentatori del referendum, una forma di
consociativismo o comunque di pesante condizionamento del giudice quando si
tratta di confermare le richieste del “collega” Pm. Credo (e spero) che non sia
così. Da uno studio recente risulta che i giudici accolgono il 90% delle
richieste dei Pm. Questo dato è stato interpretato in senso negativo, a
dimostrazione di questa presunta soggezione. Io penso esattamente il contrario.
Se i giudici avessero accolto, per esempio, solo il 50% delle richieste del Pm non
significava che non erano condizionati dal fatto di essere nella stessa
carriera, significava che i magistrati inquirenti, che avevano fatto le
indagini, le avevano fatte in maniera pasticciata e avevano preso lucciole per
lanterne chiedendo, senza adeguati e seri approfondimenti, la condanna
dell’indagato. Sarebbe stato un dato
inquietante. Una cosa di una gravità inaudita. Quindi votare perché le carriere
siano divise e la scelta dei magistrati, all’inizio della carriera, sia per la
funzione inquirente o quella giudicante, senza poter più cambiare, non serva a
nulla, un quesito inutile, perché è inutile per sanare i mali della giustizia
la divisione della carriera, il voto, Sì o No, è del tutto indifferente. Il
quarto quesito (scheda grigia) è sulla partecipazione dei membri laici a tutte
le deliberazioni del Consiglio superiore magistratura. Significa prendere una
decisione delicatissima e di estrema importanza. Consentire, cioè, anche agli
avvocati e ai professori universitari, che siedono nei Consigli giudiziari
regionali - organi del Csm - di esprimere i giudizi sulla professionalità dei
magistrati. Ora, con la legge del 2006, che si vuole, appunto, abrogare, a
giudicare sono solo i magistrati dei Consigli giudiziari. Di fatto alcuni magistrati
giudicano altri magistrati. Senza un giudice terzo. Ma quello che vorrebbero
fare è anche peggio. Come si fa a pensare di coinvolgere anche gli avvocati
che, come si capisce facilmente, sono, con i magistrati, in macroscopico conflitto
di interessi, controparti processuali, nello svolgimento della loro attività
professionale? Altro che terzi. Non solo, darebbero ad alcuni avvocati un
potere straordinario. I promotori del
quesito (avvocati) dicono che si tratterebbe di una “equa valutazione”. Per non
provocare altri guasti, peggio di quelli che si vogliono riparare, credo,
invece, che non ci siano dubbi nel votare No. Il quinto quesito (scheda verde)
per abolire l’obbligo di presentare la candidatura dei magistrati al Csm con
una lista con almeno 25 presentatori. E a sostenere, e a imporre, le candidature
- abbiamo saputo, con sconcerto, da alcuni magistrati “pentiti” - sono sempre state
le potentissime “correnti”. Per far sì che ogni magistrato possa presentare,
d’ora in poi, la propria candidatura, singolarmente, senza la necessità
dell’appoggio di una lista. Si cambierebbe sicuramente in meglio, allora sarebbe
opportuno votare Sì. E al mare andare un po’ più tardi, dopo essere passati dal
seggio (dalle ore 7 alle 23).
Fortunato
Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
Vorrei obiettare alcune posizioni dell'autore.
RispondiElimina1. Il terzo quesito (scheda gialla) riguarda la separazione delle carriere.
> [...] votare perché le carriere siano
> divise e la scelta dei magistrati,
> all'inizio della carriera, sia per la
> funzione inquirente o quella giudicante,
> senza poter più cambiare, non serva a
> nulla, un quesito inutile, perché è
> inutile per sanare i mali della giustizia
> la divisione della carriera, il voto, Sì o
> No, è del tutto indifferente.
Non sono d'accordo. Sebbene anche il giudice Giovanni Falcone si fosse espresso favorevolmente alla separazione delle carriere https://www.filodiritto.com/giovanni-falcone-e-la-separazione-delle-carriere-magistratura (lui, che insieme con Paolo Borsellino furono prima giudici istruttori, poi pubblici ministeri) personalmente vedo in questo referendum un'azione politica /contro/ la magistratura, stante il fatto che tra i promotori ci sia il famoso segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini, alleato politico dell'ancor più famoso signor B. che per anni ci ha ammorbati con le proprie invettive contro i 'giudici comunisti'. Quindi sì, la soluzione proposta da questo referendum è effettivamente priva di conseguenze positive per 'sanare i mali della giustizia'; tuttavia il pronunciamento negativo avrebbe al contrario un preciso valore politico, che giustificherebbe il voto negativo.
2. Il quinto quesito (scheda verde) per abolire l'obbligo di presentare la candidatura dei magistrati al CSM con una lista con almeno 25 presentatori.
> a sostenere, e a imporre, le candidature -
> abbiamo saputo, con sconcerto, da alcuni
> magistrati "pentiti" - sono sempre state
> le potentissime "correnti".
Innanzi tutto, anche questo referendum non renderebbe la giustizia più 'giusta': il CSM è l'organo di governo autonomo della magistratura italiana ordinaria, perciò se davvero ci fossero problemi nel Consiglio, sarebbe bene che il Consiglio stesso trovasse la soluzione. Di presso: secondo me, un problema è la mentalità maschilista: ancora oggi, dopo più di cinquantanni dall'ingresso in magistratura delle donne, la componente femminile all'interno dell'organo di autogoverno della magistratura non ha ancora acquisito un ruolo numericamente rilevante.
Quanto allo sconcerto. A parte che il paese intero (dal Parlamento al Governo, dalla RAI ai sindacati) è influenzato da tutte le correnti possibili e immaginabili, e nessuno se ne dà affatto pensiero. Tuttavia, i membri del CSM (a parte il Presidente della Repubblica che vi partecipa di diritto, poi il Primo Presidente e il Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione) sono eletti per i due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti a tutte le componenti della magistratura (membri togati, sedici: due sono giudici di Cassazione, quattro sono magistrati requirenti, dieci sono giudici di merito) e per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune tra i professori universitarî in materie giuridiche e avvocati che esercitano la professione da almeno quindici anni (membri laici, otto).
Ora, perché i membri eletti non dovrebbero rispettare le correnti di pensiero presenti nella magistratura? Sarebbe come dire che in un Collegio, in un Ordine Professionale, in un condominio, in un qualunque consesso fosse vietato esprimere le opinioni della maggioranza dei componenti. Tanto più che sedici membri significa sedici correnti, praticamente ogni corrente sarebbe rappresentata nel Consiglio; se poi proprio una corrente fosse talmente minoriaria da rimanere sotto la sedicesima posizione forse sarebbe anche giusto che prima riuscisse a ottenere maggior seguito.
Di presso: quale sarebbe la soluzione, l'estrazione a sorte? Sinceramente mi sembra peggiore del 'male' attuale. Una siffatta soluzione sarebbe un'accusa manifesta di totale incapacità d'autogestione nei confronti dei giudici che mi sembra faccia il paio con la proposta precedente, cioè di sminuirne la figura, l'intelligenza, l'onestà intellettuale.
Cordialmente.
Thank yoou
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