Una società senza valori, ansiosa e malata, sta inguaiando i ragazzi , alla ricerca disperata di psicologi
Nelle scuole i genitori
protestano perché c’è un solo psicologo, ce ne vogliono almeno tre. Sono stato
fortemente colpito da questa notizia, che da Nord a Sud scuote il mondo della
scuola e non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Che succede? Succede che i
ragazzi sono vittime dell’ansia eccessiva, grave, ingiustificata, patologica.
Uno studio degli Stati Uniti riassume così il fenomeno: “L’uso eccessivo delle
piattaforme sta facendo aumentare le diagnosi cliniche di ansia e depressione
tra gli adolescenti, e le visite al pronto soccorso per atti di autolesionismo
e intenzioni suicide: nella prima adolescenza, quando si stanno formando identità
e senso di autostima, lo sviluppo del cervello è particolarmente suscettibile alle
pressioni sociali, alle opinioni dei pari e al confronto tra pari”. Il Corriere
della Sera ha dedicato una pagina
alle profonde, interessanti, preoccupanti analisi del professor Massimo
Ammaniti. “Secondo uno studio internazionale negli adolescenti i disturbi di
ansia sono passati dall’11 al 21 per cento e dal 10 al 23 i sintomi depressivi.
Vuol dire - spiega il professore - che un ragazzo su quattro sta male. Si sono
moltiplicati i disturbi alimentari e i fenomeni di autolesionismo. E questo
avviene tra le ragazze. Prima il disagio dei giovani era un’eccezione, ora è un’epidemia.
Bisognerebbe rendersene conto in tempo. È bene che lo sappiano i genitori, gli
insegnanti, le autorità”. E il primo
problema, aggiungo io, credo che sia proprio questo: che forse non lo sanno, o,
peggio, non hanno capito la gravità e la frequenza. “Ora è il gruppo dei
coetanei la palestra dove allenarsi alla vita, quella in cui si realizza il
proprio sé, la propria identità, nel fuoco di un rapporto di confronto con
altri coetanei che ti giudicano, ti accolgono o ti respingono. Ma tutto avviene,
diversamente dal passato, in una dimensione pubblica, nella fornace dei social,
che sono spietati e agonistici. Pensiamo agli effetti del reveng porn per le ragazze. Valanghe che in un momento possono distruggere
vite, come il bullismo nei social. I
fratelli, quelli veri, non ci sono più. Se si fa un figlio è già tanto. Questo
accresce il senso di solitudine. E così tutto si sposta nella dimensione del
gruppo, in cui prevale costantemente il confronto con gli altri, il timore di
un giudizio che ora circola velocemente e universalmente. L’adolescente aspetta
il riconoscimento del gruppo e nel modo in cui gli altri lo guardano percepisce
la propria immagine. Ma nel gruppo, inevitabilmente, c’è competizione, gelosia,
talvolta sopraffazione e persino la tendenza a diventare complici. Il gruppo
può diventare branco. I social comportano molte cose che nessuna generazione ha
conosciuto prima. Ci si deve autodefinire, si deve mettere il proprio volto e
il proprio corpo in mostra, si misura quanti ti seguono. È molto facile
diventare uno sfigato o un soggetto. È l’incubo più diffuso. E, comunque si
alimenta, al fondo, un timore eccessivo del giudizio degli altri. Ora - ha
detto ancora Ammaniti - le tecnologie funzionano da babysitter. Si mettono i
bambini davanti ad un video per stare in pace. Ma secondo me non è giusto dare un
cellulare in mano prima dei dodici anni, non è giusto che lo usino dopo le
21,30 e penso che non bisogna stare in classe con questi strumenti che stanno
diventando un arto e non più un mezzo di comunicazione. Restituire ai ragazzi
la possibilità di fruire il tempo senza la segmentazione tipica dei social significa
aumentare la soglia della loro possibile concentrazione e fornire tempo e
libertà alla loro fantasia. Ma è tutta la società a coltivare l’egolatria, un
aspetto narcisistico frutto della precoce e selvaggia esposizione di sé in
pubblico. Si è sempre e solo concentrati
su sé stessi, ci viene insegnato che l’altro è un concorrente o un pericolo. Ciò che invece bisognerebbe
far percepire è che l’autostima non è legata solo al giudizio degli altri o del
gruppo, ma è il risultato del superamento dei propri limiti, dalla capacità di
mettersi alla prova, dalla disponibilità a perdere per poi, magari, vincere”.
Invece, questa società, senza principi e senza valori, vive, abbrutita, con
l’ansia, l’angoscia, il tormento, l’affanno della prestazione.
Fortunato
Vinci – www.lidealiberale. com – Agenzia Stampa Italia
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