Elly Schlein si scopre perdente, il Pd si accorge di essere senza una guida e l'opposizione pure

 

I giornali, ieri mattina, erano divisi, c’erano quelli che esultavano e quelli che, invece, riportavano, allarmati, che anche in Molise aveva vinto il centrodestra, con le mosche cocchiere Azione e Italia viva, ed aveva perso il Pd con i 5 Stelle, ormai diventate cinque lucciole, con il sostegno (si fa per dire) di Alleanza Verdi-Sinistra. Ma quello che ha sorpreso di più gli osservatori è che Elly Schlein, la neo segretaria del Pd, non ha, oltre al resto, nemmeno l’appeal elettorale sperato. Per capire la questione bisogna, però, tornare alle primarie “aperte” a tutti, una sciocchezza, un clamoroso errore, invece di consentire il voto, come imporrebbe logica e buonsenso, solo agli iscritti al partito. Un esempio rende meglio l’idea: se a scegliere l’allenatore del Milan possono andare anche i tifosi dell’Inter e della Juventus è facile prevedere che gli estranei, che sono anche rivali, abbiano interessi a scegliere quello meno adatto, diciamo pure il più scarso, per indebolire quello che, poi, in campionato, sarà comunque un avversario. La metafora calcistica semplifica un po’ quello che è successo nelle primarie del Pd: gli iscritti avevano scelto Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia - Romagna, con i voti di tutti è stata eletta, invece, Elly Schlein. Le conseguenze, immediate e pesanti, sono state due. La prima, ovvia e scontata, la Schlein nel partito non ha la maggioranza. E questa scomoda e bizzarra situazione l’ha costretta a trovare, già da subito, qualche compromesso imbarazzante per organizzare la governance del partito. Ma la cosa grave è che Elly Schlein, non ha certezze quasi su nulla e io l’ho già chiamata “suor tentenna”, e, cosa ancor più grave, ha cercato di spostare il partito tutto a sinistra. Rapporti difficili con 5 Stelle in caduta libera e privilegiati con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, cespugli senz’anima e senza futuro. Un’opposizione così, disarticolata ed eterogenea, senza una guida, può solo chiedere, come ha fatto finora, ogni tanto, le dimissioni di qualcuno della maggioranza che sbaglia, nient’altro. Un disastro. Quelli della sinistra, del Pd in particolare, non si sono accorti che lo zoccolo duro, che votava partito comunista, e, comunque sempre a sinistra a prescindere, non c’è più, è svanito per questione anagrafiche più che politiche, e c’è, invece, una maggioranza silenziosa, arrabbiata, arrabbiatissima. Che guarda e pensa alla sostanza, ai problemi, tanti, irrisolti, dall’inflazione alla sanità, dalle burocrazie (sei mesi per il passaporto, una follia) alla giustizia. Anche in Molise l’affluenza è diminuita e si è fermata al 47,9%, confermando un trend preoccupante, che dimostra come la vera maggioranza è quella che non va a votare. Forse bisognerebbe cominciare a fare quello che dico e scrivo da tempo: i seggi da assegnare, in ogni elezione, devono essere in proporzione ai votanti. Se a votare ci va il 50% i seggi verranno ridotti della metà. Solo allora, i politici, quando perderanno le poltrone, capiranno che quelle liste elettorali, ignominiosamente infarcite di mogli e mariti, di parenti e affini, di amanti e impresentabili, fanno venire il voltastomaco alla maggioranza degli italiani, e non possono essere né accettate né votate. Per convincere la gente ad andare a votare si può fare in un solo modo: offrendo una scelta ampia agli elettori e presentando candidati seri, capaci e qualificati, professionalmente e politicamente.  È questa la prima vera riforma che aspetta il Paese, non il presenzialismo.  

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia             

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