Sul taglio dei parlamentari i tormenti dei partiti e lo sconcerto degli elettori

 

 “I tormenti nei partiti sul taglio dei parlamentari”. È il titolo di qualche giorno fa del Corriere della Sera. I tormenti, che ci preoccupano, sono di molti parlamentari che circa un anno fa, nei due rami del Parlamento, quasi all’unanimità, e per ben 4 volte, hanno votato il taglio dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200. Queste modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione devono essere approvate definitivamente, come si sa, con il referendum confermativo che si terrà il 20 e 21 settembre prossimi. Che cosa è successo? Sanno di perdere molte poltrone, naturalmente, ma non hanno avuto il coraggio di esporsi e di dirlo con chiarezza quando sono stati chiamati a votare alle Camere ed ora cercano la complicità degli elettori. E si stanno mobilitando per indurli a votare No. Sembra incredibile. Che nella classe politica attuale ci sia una diffusa mediocrità è cosa arcinota, basta leggere le dichiarazioni, e vedere quello che fanno ogni giorno, per rendersene conto, tanto che li chiamo, almeno da un lustro, mezzecalzette. Ma che ci fossero così tanti voltagabbana, senza dignità e pudore, che non si vergognano di nulla, devo confessare, non l’avrei mai immaginato. Pensavo ci fosse un limite. Questo limite, invece, come vedremo, lo hanno ampiamente superato. E non perché abbiano cambiato idea. La cosa sarebbe stata sì grave, perché il taglio delle poltrone era stata votato, come ho scritto sopra, per ben 4 volte non nell’assemblea del condominio, ma nel Parlamento, ma la cosa gravissima, invece, e insopportabile, sono le motivazioni addotte a questo indecente dietrofront. False, ridicole, grottesche. E rappresentano l’ennesimo oltraggio all’intelligenza dei cittadini. Voi, imbecilli, popolo bue ignorante, non avete capito che tagliando i parlamentari mettete a repentaglio la democrazia. Si risparmia solo un “caffe al giorno” (Carlo Calenda dixit) votate No, e non fate storie. Questo il messaggio farneticante che stanno cercando di far passare, sui giornali e in Tv. In realtà il risparmio sarà di mezzo miliardo a legislatura. Con i debiti che abbiamo non è poca cosa. Ecco una brevissima rassegna dei preoccupati per la democrazia. Silvio Berlusconi lo ritiene “un taglio demagogico, che limita la rappresentanza, riduce la libertà e la democrazia” ed ora è tormentato e sta riflettendo su cosa deve dire ai suoi elettori. A differenza di Salvini e Meloni che hanno confermato, come peraltro i 5 Stelle, promotori della legge, di essere coerenti e votare Sì. Matteo Orfini, ex presidente del Pd, partito che sta al governo. “Ci fu garantito (da chi? N.d.r.) che il taglio sarebbe stato preceduto da una nuova legge elettorale proporzionale e accompagnato da modifiche costituzionali (così, per allungare i tempi, avremmo fatto altre decine di referendum, n.d.r.) che garantissero che quel taglio non sfasciasse l’impianto costituzionale…si tratta di distruggere la nostra democrazia”. Addirittura! Gianni Cuperlo, anche lui “colonna” del Pd. Un Parlamento ridotto nelle dimensioni finirebbe “con l’essere “nominato” da un gruppo di capi corrente e partito”. Ma questo dove sta? Perché, ora, come vengono scelti i candidati? Poi è intervenuto il segretario del Pd, Nicola Zingaretti con una intervista, inutile e fumosa: “Ci vuole una nuova legge elettorale (ma a chi lo dice? Chi la deve fare? Noi cittadini riuniti nella proloco? N.d.r) per scongiurare rischi di distorsioni nella rappresentanza e tutelare adeguatamente i territori, il pluralismo e le minoranze”. Possibile che non ci sia nessuno, nell’esercito di stipendiati dallo Stato a disposizione del Pd, con un minimo almeno di buon gusto per suggerire a Zingaretti che non è dignitoso dire che il taglio dei parlamentari non consente di “tutelare adeguatamente i territori” nel quarto anniversario del terremoto nelle Marche e in Umbria, dove ancora migliaia di persone aspettano gli aiuti da quelli che “tutelano i territori”. Vergogna. Chiudiamo con il pensiero, un autentico delirio logico, di Romano Prodi, ex presidente dell’Iri, ex presidente del Consiglio: “Pur riconoscendo che, dal punto di vista funzionale, il numero dei parlamentari sia eccessivo, penso che sarebbe più utile al Paese un voto negativo, per evitare che si pensi che la diminuzione del numero dei parlamentari costituisca una riforma così importante per cui non si debba seguire altre ben più decisive”. Ma che c’entra? Così non si comincia mai? Queste sconclusionate motivazioni, così come tante altre, dovrebbero ottenere l’effetto di compattare ancora di più il Sì che, come dicono i sondaggi, ha già una schiacciante maggioranza. Semmai c’è da porsi una domanda: si poteva fare meglio? Certamente. Per esempio dimezzare i compensi (massimo 5.000 euro) e assegnarli comunque proporzionalmente alle presenze e alla partecipazione ai lavori parlamentari. È inconcepibile (un’altra indecenza di cui non si vergogna nessuno) che si diano 15 mila euro mensili a chi si assenta per il 98% delle riunioni. Capite? In pratica c’è qualcuno che non ci va mai. E viene strapagato. Una colossale, clamorosa truffa nei confronti dello Stato. Questo, però, non suscita né tormenti né riflessioni. Solo l’inutile, e purtroppo innocua, indignazione dei cittadini.                              

           

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