Dal sogno della "A" al disastro della retrocessione in serie "C", la stagione shock del Perugia. Speranze in un ricorso.

 

Alla fine di agosto scorso, un anno fa, quando cominciò il campionato di serie “B” 2019-2020, nei pronostici degli addetti ai lavori una delle squadre che partivano favorite per la promozione in serie “A” era il Perugia. Non tanto per l’allenatore, Massimo Oddo, che veniva da qualche stagione deludente con l’Udinese e addirittura disastrosa con il Crotone, quanto per la rosa dei giocatori. Ad elencarli significa ricordare  calciatori esperti, qualcuno provenienti addirittura dalla massima serie (Rosi, Falcinelli) altri giovani promettenti (Carraro, Nicolussi Caviglia, Dragomir, Capone, Kouan) ad altri con la necessaria esperienza (Iemmello, Melchiorri, Bonaiuto, Gyomber, Sgarbi, Mazzocchi, Vicario, Falzerano) per fare un giusto mix in grado di puntare, sia pure attraverso i play off, alla promozione. C’erano tutte le premesse, insomma, per dare concretezza al sogno dei tifosi.  E nella prima parte del campionato, confermati e confortati da una classifica lusinghiera, i biancorossi sembrava potessero tornare veramente in serie “A”. C’è stato un momento, addirittura, in cui il secondo posto era lì alla portata dei Grifoni. Fu solo un’illusione. E a gennaio, con la squadra al sesto posto, più per questioni personali con la dirigenza che per le manchevolezze tecniche e tattiche, che pure erano emerse in più di una occasione, il presidente Massimiliano Santopadre decise per l’esonero di Oddo. Fu contattato Stefano Colantuono, il quale oltre al contratto voleva, però, anche qualche giocatore da acquistare sul mercato ancora aperto, ma la società non era disposta a fare altri acquisti. E allora si decise di affidare i Grifoni, a quel punto a furor di popolo, a Serse Cosmi. Il tecnico di Perugia, che benissimo aveva fatto guidando i biancorossi ai tempi di Luciano Gaucci e che dopo l’esperienza di Trapani cercava una chance per tornare nel giro, accettò volentieri e con il massimo entusiasmo, certo di poter far bene, sorretto dalla tifoseria schierata subito al suo fianco.  Il cambio di panchina non ebbe, purtroppo, i risultati sperati. Il Perugia cominciò, come una nave senza nocchiero, ad allontanarsi, piano piano ma inesorabilmente, dai play off e avvicinarsi verso la zona retrocessione. Alla ripresa del campionato, dopo il blocco per il Covid-19, la squadra era a metà classifica, in mezzo al guado. Ricordo la domanda fattami dal conduttore in una trasmissione televisiva: può puntare il Perugia agli spareggi promozione? La mia risposta fu sibillina, ma non tanto: in verità sono più vicini i play out, ma siccome mancano ancora molte partite è tutto possibile. Ma la squadra non rispondeva più ai comandi di Cosmi, sembrava alla deriva e ormai in rianimazione, si è pensato, allora, di richiamare Oddo. Il quale è ripartito subito con una gaffe, confessando di aver tenuto frequenti e confidenziali rapporti telefonici con molti giocatori biancorossi durante questi mesi di lontananza da Perugia. Arriva sì qualche punto, ma anche sconfitte pesanti a Venezia e, soprattutto, in casa con il Trapani mentre le altre squadre di bassa classifica, sorprendentemente rivitalizzate come il Cosenza, che dato per retrocesso da mesi riesce a salvarsi senza nemmeno i playout. E così, con il sedicesimo posto in classifica e 45 punti, l’inevitabile spareggio con il Pescara. Mentre i numeri, implacabili, danno, in sintesi, gli indicatori del fallimento: 12 vittorie, 9 pareggi e 17 sconfitte, 38 gol fatti e 49 subiti con una differenza reti disastrosa -11, peggio hanno fatto solo le tre squadre retrocesse direttamente, Livorno, Juve Stabia e Trapani.  Il Pescara sembrava squadra messa peggio del Perugia, ma in queste due gare, eccetto il primo tempo dell’Adriatico hanno fatto meglio gli uomini di Andrea Sottil. E nell’atto finale, nelle modalità di esecuzione dei due tiri dal dischetto di Iemmello (un passaggio a Fiorillo) e di Bonaiuto, peraltro decisivi, stanno racchiusi i limiti caratteriali di questa squadra: molle, sfiduciata, imprecisa, spenta. Non voglio fare un processo, che peraltro non servirebbe a nulla, ma qualche cosa bisogna pur dirla. Prima di tutto le responsabilità della società. I successi, e gli insuccessi, li costruiscono i dirigenti. Il direttore sportivo Roberto Goretti disse, innescando un’infelice e sciagurata polemica con Oddo (che poi ha portato all’esonero del tecnico) che se questa squadra non fosse andata in serie “A” sarebbe stato un fallimento. E adesso che è in C cos’è?  Poi i giocatori.  Potenzialmente bravi, o comunque, salvo qualche eccezione, non meno bravi degli altri delle altre squadre, ma dal rendimento altalenante, spesso incerto, senza quell’animus pugnandi che consente di avere la meglio anche contro avversari più bravi sotto il profilo tecnico. Una squadra quasi sempre senza gioco, perché, tra l’altro, senza un trequartista. Quante volte lo abbiamo scritto e detto in televisione. Non basta mettere un giocatore qualsiasi dietro le punte per farlo diventare rifinitore. Lo dimostrano i gol segnati, solo 38, uno a partita, ma dieci sono stati segnati su calcio di rigore, vuol dire, su azione, solo 18. Una miseria, considerando che le reti subite, nonostante le prodezze di Vicario, siano state 49, numeri da retrocessione, appunto. Per quanto riguarda i due tecnici, Oddo e Cosmi, hanno, ovviamente, le loro responsabilità. A posteriore si potrebbe dire tutto, ma, forse, la colpa più grave è stata quella di non aver saputo sfruttare al meglio le capacità dei singoli calciatori. Quel continuo cambiamento di ruoli e di moduli non ha consentito un rendimento accettabile, non solo sotto il profilo estetico e dello spettacolo, che poi contano fino ad un certo punto, quanto sui risultati. Deficitari sotto ogni aspetto come abbiamo visto. Infine, è inevitabile che ci siano, in questo disastro, le vittime, che sono i tifosi che hanno sempre sostenuto la squadra. Gli abbonati pagando anticipatamente per partite che non hanno poi potuto vedere, se non pagando un ulteriore abbonamento alla piattaforma Dazn. La rabbia e le proteste di questi ultimi giorni, senza comunque le degenerazioni che sono comunque sempre da condannare, sono sentimenti del tutto legittimi e comprensibili. Ora, per evitare la C, c’è una sola chance. La normativa generale, prevista dall’art. 49 delle Norme organizzative interne della Figc, prevede la serie B composta da 22 squadre. A tale disposizione l’anno scorso era stata fatta una deroga, portandola a 20 squadre, e solo per la stagione 2019/2020. Ma lo scorso 25 giugno un comunicato ufficiale della Figc, nell’indicare la ripresa del campionato dopo la sospensione per il Covid-19, ha deciso di mantenere il numero di 20 squadre anche per il 2020-2021 quindi con 4 squadre retrocesse invece di 2. E’ possibile? E’ legittima la decisione presa dal presidente della Figc, Gabriele Gravina? Per il Trapani (altra squadra retrocessa) si tratterebbe di un abuso. Lo sapremo presto (si fa per dire) visto che la società siciliana ha presentato ricorso al Collegio di Garanzia del Coni. In caso di accoglimento del ricorso, e del conseguente annullamento della decisione della Figc del 25 giugno, il campionato di B tornerebbe a 22 squadre, come prevede, appunto, l’art. 49 sopra citato e quindi non si tratterebbe di ripescaggio, semplicemente sarebbero illegittime le retrocessioni di Perugia e Trapani, che rimarrebbero in serie B. Un’altra estate calda, tra ricorsi e polemiche, nel solco della consolidata tradizione Figc.  

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